Domenica 19 Maggio 2024
RAFFAELE MARMO
Archivio

Separati dal lavoro

CHE ci sia ormai una radicale e pervasiva antipatia «personale» e addirittura antropologica tra Matteo Renzi e i big di piazza Santi Apostoli (da D’Alema a Bersani e ora anche Pisapia) è un dato di fatto e non vale neanche la pena stare lì a indagare più di tanto: chi ha offeso chi, chi è più permaloso di chi e via speculando. E, d’altra parte, non era forse uno slogan della sinistra degli anni Settanta (magari usato ad altri fini) quello che diceva che il «personale è politico»?

Ma questo è l’aspetto iconografico o da copertina illustrata delle due piazze che ieri, a Roma e a Milano, si sono contrapposte (e non solo metaforicamente). Quello, meno investigato e non certo personalistico ma esclusivamente politico, è un altro. E mai come in questo sabato di luglio, proprio questo secondo aspetto di irriducibile dicotomia è emerso con nettezza per chi voglia scorgerlo senza filtri ideologici. Basta semplicemente ascoltare le parole pronunciate dai protagonisti delle due kermesse.

L’ex premier evoca il milione di posti di lavoro creati dal Jobs Act e punta dritto su nuovi sgravi fiscali, in continuità con la politica economica del suo governo. Bersani è secco: serve discontinuità e, dunque, no a bonus, voucher, sgravi, alternanza scuola-lavoro che diventa «lavoretti in nero». E no a meno tasse per tutti. Pisapia arriva al cuore della contesa: abolire l’articolo 18 – scandisce – è stato un errore.

Insomma, non è tanto (o non è solo) una questione di caratteri (che pure contano). Ciò che davvero divide Renzi e Bersani e Pisapia è ciò che divide il campo del centro-sinistra da un paio di decenni, per restare alla storia recente: la politica del lavoro e quella fiscale. E questo spiega anche l’attrazione che la ‘cosa nuova’ di Santi Apostoli esercita su uomini (ancora) del Pd come Orlando, Damiano, Cuperlo, Zingaretti. In fondo, la ferita del Jobs Act non è stata mai sanata.