Lunedì 6 Maggio 2024
Ennio Di Nolfo
Esteri

Chi fermerà il Califfo

L’ESISTENZA di gruppi politici o religiosi che, animati dal fanatismo, agitano la vita di qualche regione del mondo non è una novità per la storia. Ma ciò che accade da alcuni anni, e che oggi i media diffondono, appare come qualcosa che investe con inaudita violenza il Medio Oriente e minaccia in modo indiretto di estendersi in molte parti del mondo, soprattutto nell’area mediterranea. Le forme di efferata crudeltà che internet divulga e che riguardano migliaia di profughi, costretti a fuggire dalle loro abitazioni; intere etnie spinte a scappare dalle regioni d’origine; violenze, stupri, sacrifici umani d’ogni genere sono culminate nell’atroce maniera con la quale è stato ucciso il giornalista americano James Foley. L’orrore che tutto ciò provoca e la reazione del presidente Obama finiscono per dare a questa violenza il carattere di un conflitto capace di provocare risposte tali da portare a una vera e propria ripresa bellica che coinvolga non solo gli Stati Uniti e la Gran Bretagna ma anche numerosi altri paesi che leggono nella storia dell’Isis una minaccia per la loro sicurezza e per la civiltà umana. Che cosa sia esattamente l’Isis è difficile dirlo soprattutto in poche espressioni.

È NOTO che essa esprime una frazione dell’islamismo sunnita, di indiretta derivazione da Al Qaeda, ma da questo ormai lontano, per la condanna che persino al Zawahiri, l’erede di Osama ben Laden, ha espresso nei confronti della violenza del nuovo estremismo. È altresì noto che la giovane guida del gruppo, l’iracheno Abu Bakr al-Baghdadi, era stato già il capo dei qaedisti in Iraq prima che il loro gruppo fosse represso; che dopo di allora si è messo in proprio e che si è trasferito nell’area etnicamente più problematica dell’Iraq, dove ha proclamato il Califfato islamico, occupato Mosul e iniziato le sue epurazioni fanatiche.

LA NASCITA del Califfato potrebbe apparire come un momentaneo tentativo di gettare la basi per la creazione di una formazione politica più grande, basata sulla frantumazione dell’Iraq. Tuttavia il momento scelto e gli interessi messi in gioco, combinati con i metodi terroristici usati dai seguaci del Califfo sono tali da costringere il mondo a reagire. Che questa reazione possa aver luogo presto non è però facile. Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia non possono rapidamente ricostituire una coalizione sufficientemente forte da ripetere i successi del passato Per l’Unione europea, il presidente di turno, Matteo Renzi, ha promesso un pieno appoggio. Ma il dinamismo del premier italiano è frenato dalle esitazioni di molti paesi che, meno direttamente esposti al rischio di quanto lo sia un paese mediterraneo come l’Italia, si limitano a promettere un intervento umanitario. Così il quadro apparirebbe piuttosto negativo se non fosse che l’azione dell’Isis tocca da vicino un mondo tradizionalmente caratterizzato da aspre rivalità, eppure ora spinto alla coesione da un estremismo sunnita che magari esprime gli interessi di gruppi minoritari ma contemporaneamente spinge i sunniti moderati a riavvicinarsi agli sciiti. Così dalla Turchia, alla Giordania, all’Egitto, all’Arabia saudita, agli sciiti del mondo iracheno e siriano e soprattutto a quelli iraniani, può vedersi emergere una reazione che presto dovrebbe essere in grado di controllare l’estremismo e sconfiggerlo: a vantaggio dell’Occidente ma anche, a medio termine, a favore di maggiori equilibri regionali.