Venerdì 3 Maggio 2024

Cannes, delusione Macbeth: lo salva solo Fassbender

Il film del registra australiano Justin Kurzel accentua l'aspetto spettacolare tralasciando le implicazioni tragiche delle ambizioni e del potere

Una scena del film "Macbeth" (Ansa)

Una scena del film "Macbeth" (Ansa)

Cannes, 24 maggio 2015 - Dopo i poemi omerici, Alessandro Magno, e le leggendarie gesta di Sparta si è giunti a superare il confine che ci si augurava invalicabile. Usare Shakespeare come script per l’estetica cinematografica di “300” e simili. “Macbeth” di Justin Kurzel presentato come ultima opera in concorso si salva appena dall’accusa di Bardicidio per l’interpretazione di Marion Cotillard e di Michael Fassbender, gli unici a non scordare di essere i protagonisti della tragedia teatrale più famosa al mondo.

Dimenticarsi di Welles, Polanski e Kurosawa non è consigliabile, è necessario. E persino le incursioni scespiriane di Branagh appaiono al confronto del film dell’australiano Kurzel capolavori di adesione filologica al testo. Qui i versi della tragedia vengono, a scelta, sussurrati o urlati come si farebbe in una recita di provincia.

Al film interessa coinvolgere lo spettatore sulla base spettacolare. Highlands scozzesi con montagne mozzafiato, battaglie furiose, guerrieri impavidi (con strani trucchi facciali di ascendenza maori suggerite dalla cultura del regista), teste mozzate, fango e molto sangue al di là dei regicidi. Si sarà capito, il fascino visivo è il punto di forza del film mentre le dinamiche della tragedia, con l’annessa lettura del potere di perenne attualità, viene abbandonata o ridotta a brevi aforismi.

Insomma, sulle fiamme della passione e della brama di potere hanno la meglio le pire dove legna e corpi crepitano in Surround Sound by Dolby. E’ un’opzione assolutamente legittima. Un po’ meno conforme può apparire la scelta del festival che chiude il Concorso con inutile fracasso.