Domenica 5 Maggio 2024

Calais, il piccolo sudanese senza famiglia nella 'giungla' dei migranti

Ha perso i genitori nella traversata dall'Egitto, dopo essere salito su un battello. Un sudanese che si era occupato di lui durante il viaggio l'ha affidato ad una volontaria dopo una notte nella bidonville di Calais: "Non c'è posto qui per un bambino"

Alcuni migranti partecipano ad una lezione di francese nella 'Nuova Giungla' a Calais (Afp)

Alcuni migranti partecipano ad una lezione di francese nella 'Nuova Giungla' a Calais (Afp)

Roma, 10 settembre 2015 - Ha dieci anni, è solo a Calais, e l'ultima volta che ha visto la sua famiglia è stato un mese fa. Si chiama Mohammed, è sudanese, di Khartoum, e come altre migliaia di migranti che ogni giorno tentano di passare in Gran Bretagna anche lui ha cercato di salpare dal porto francese verso l'Inghilterra. Al quotidiano francese Libération il ragazzino - ora accudito dal Secours Catholique - ha raccontato di avere perso i genitori in Egitto, una notte, al momento di salire su una nave che avrebbe condotto lui e la sua famiglia in Italia. Dopo averli smarriti e senza sapere cosa fare, ma con il cuore gonfio della speranza di ritrovarli, Mohammed si è messo in viaggio con gli altri migranti, per giungere infine martedì sera all'estremo nord della Francia. Qui il piccolo, in lacrime e reduce da una notte nella 'giungla' dei migranti (la bidonville nei pressi del porto dove si ammassano centinaia di migranti in fuga, ndr) è stato affidato da un sudanese ad una volontaria da cui non si è più voluto staccare. "L'uomo, un trentenne sudanese", racconta la volontaria Maryam Guerey, "ce l'ha consegnato con un pacco di vestiti nuovi. L'uomo ci ha detto che un bambino non può avere un posto nella giungla". 

Al quotidiano francese il piccolo Mohammed ha raccontato i ricordi della tragica notte in cui ha perso i genitori: "C'erano più di 500 persone e io sono salito sul battello. Era tutto scuro, li ho persi di vista. Ho pensato che fossero nascosti da qualche parte. All'alba sono andato dal proprietario della barca dicendo che avevo perso i miei genitori e la mia sorellina, ma non li ha ritrovati: mi sono messo a piangere". Un sudanese si è allora occupato di lui, e insieme hanno viaggiato per sette giorni in mare. "Era una piccola imbarcazione a due piani. Prima ero sotto, ma si respirava male, hanno fatto salire i bambini sul ponte". 

Il piccolo ignora le ragioni che hanno spinto il padre ad abbandonare il Sudan: "So che c'erano dei problemi, ma non so quali", spiega. Non ha parlato molto, Mohamed, nel viaggio tra Khartoum e l'Egitto. "So che siamo passati attraverso l'Egitto perché è quello che mio padre ha risposto a mia madre quando lei gliel'ha chiesto. Siamo partiti in taxi, poi in camion. Ci siamo fermati solo per mangiare e per pregare". E racconta di una donna che ha partorito sulla nave: "Ho visto il neonato". Neonato, come quello che avrebbe dovuto dare alla luce la madre di Mohammed, incinta "di una bambina". Ad un certo punto, ricorda, ai migranti è mancata l'acqua, tanto che tutti hanno iniziato a bere quella del mare fino a che "i proprietari del battello" hanno dato loro da bere. "La gente lottava per avere quell'acqua", racconta il bimbo. 

Ieri Mohammed ha seguito il suo primo corso di francese, insieme ad altri richiedenti asilo. Mariam l'ha accolto nella propria casa da martedì sera. "Voglio restare con te", le dice. E sorride.