Lunedì 6 Maggio 2024

Venezia, in 'Good kill' la guerra come un videogioco / Voto 7 1/2

Il film di Andrew Niccol con Ethan Hawke protagonista è l'ultimo in concorso di questa 71ma edizione

Zoe Kravitz nel cast di 'Good kill' alla Mostra del cinema di Venezia (Ansa)

Zoe Kravitz nel cast di 'Good kill' alla Mostra del cinema di Venezia (Ansa)

Venezia, 5 settembre 2014 - La guerra di oggi ma soprattutto quella di domani. Fatta a venti mila miglia di distanza dal terreno di battaglia. E’ il soggetto quanto mai attuale di 'Good Kill', ultimo film in Concorso (posizione di debolezza nello scacchiere di un festival) ingiustamente sottovalutato e fischiato nella prima proiezione stampa forse perché non dichiaratamente antimilitarista. Soggetto sono i dronimacchine belliche volanti di cui oramai si parla sempre più spesso anche nelle cronache quotidiane e protagonisti i loro piloti in grado di dirigerle, grazie a sofisticate apparecchiature, da basi militari divenute così location di un grande gioco elettronico.

Nella base principale del Nevada tra Las Vegas e Reno (è solo un caso che la sede sia nello stato del free gambling dove in scala si ritrovano in chiassosa accozzaglia tour Eiffel, Colosseo, Partenone?), gli F-51 sono schierati sulla pista di lancio. Non si sollevano in cielo perché i loro piloti (selezionati accuratamente anche fra i migliori giocatori di play station!) sono impegnati a controllare dalle loro postazioni il territorio dell’Afghanistan e di altri possibili teatri di guerra, pronti a fare fuoco da cabine virtuali dotate di confort. I droni costano ma la loro eventuale perdita impressiona i contribuenti americani meno delle bare avvolte nella bandiera a stelle e strisce con i corpi dei marines caduti. 

A raccontare tutto questo è uno specialista come Andrew Niccol, già autore di film culto come 'Gattaca' e di 'The Host' e sceneggiatore di 'Truman Show'. Insomma uno che negli universi virtuali e di guerra sa muoversi con agilità; qui è, oltre che regista, sceneggiatore e produttore. Protagonista è Ethan Hawke, maggiore e pilota con alle spalle molte missioni vere e perigliose al comando di F-15 e con un sistema nervoso messo a dura prova. La sua esperienza è fondamentale nell’istruzione di nuove leve e gli incarichi più delicati gli vengono assegnati d’ufficio. Si tratta di colpire i bersagli, ma ancor prima di controllare per ore l’andirivieni di talebani armati in paesi polverosi dall’apparente sonnolento tran tran. L’effetto spettacolare è garantito e lo spettatore diventa il terminale di questa operazione bellica e anche in parte voyeuristica. Il fatto è che il fuoco non viene deciso dai militari ma dalla Cia che pretende di conoscere il territorio; quanto basta per provocare quel conflitto tra istituzioni che è un topos del racconto hollywoodiano. 

La nostalgia del volo vero, dell’adrenalina, della responsabilità che grava sul pilota colpiscono il maggiore, incline alla bottiglia, e la cui famiglia rischia di andare in pezzi. Se non può tornare a volare, come sembra deciso, rimarrà il maggiore Ethan Hawke nei ranghi o approfittando della tracciabilità aleatoria dei voli, farà di testa sua? La psicologia dei protagonisti, moglie e allettante collega comprese, è un po’ rozza o almeno semplicistica ma il dramma riserva per il finale qualche sorpresa. Il giudizio è affidato allo spettatore e questo, in fin dei conti, non è un male.

Voto 7 e 1/2