Domenica 28 Aprile 2024

Venezia: Bellocchio restaurato, ora la Cina è davvero vicina

'La Cina è vicina' fu presentato in Concorso nel 1967 alla Mostra del cinema di Venezia. A rivederlo adesso, restaurato dalla Cineteca di Bologna, sempre possedere quasi un valore profetico

Il regista Marco Bellocchio alla Mostra del cinema di Venezia (Ansa)

Il regista Marco Bellocchio alla Mostra del cinema di Venezia (Ansa)

Venezia, 3 settembre 2014 - Quando un film è stato a suo tempo profetico, vederlo ai giorni nostri fa l’effetto di una ricostruzione d’epoca. Anche a realizzarlo oggi, con il senno di poi, un film come 'La Cina è vicina', opera seconda di Marco Bellocchio, non avrebbe quella capacità d’essere pungente affresco di provincia che ebbe allora. Il film fu presentato in Concorso nel 1967 alla Mostra, nell’ultima edizione pre ’68. Una pellicola in bianco e nero, fotografia firmata da Tonino Delli Colli, musiche di Morricone, distribuita dall’americana Columbia. Ebbe un buon successo (ottenne il premio speciale della Giuria) anche se dispiacque a chi aveva salutato come ferocemente antiborghese il precedente 'I pugni in tasca'. 

Marco Bellocchio presentava quel film così: "Si potrebbe dire, paradossalmente, che rispetto al film la Cina è tanto più lontana per chi la crede vicina, tanto più vicina per chi la crede lontana. Non è una semplice boutade". E in effetti così era. L’espressione riprendeva una scritta, vista su un muro di Milano, capace di sintetizzare il desiderio utopico di una rivoluzione che ispirandosi ai maoisti spazzasse via il potere borghese, a sua volta già cosciente del clima d’assedio che l’incipiente contestazione faceva sentire. Nessuno all’epoca infatti poteva immaginare quel che sarebbe successo quarant’anni dopo e il film risultava premonitore. Chi la credeva lontana sa ben oggi quanto sia vicina e che ruolo occupi nella globalizzazione dei mercati e chi la sentiva vicina ha avuto tempo e modo di ravvedersi e di scoprire, magari con raccapriccio, l’adesione di Pechino a valori e costumi capitalistici. 

Ma ancor più profetico era il film. Restaurato dalla Cineteca di Bologna, che ne curerà l’uscita in sala, 'La Cina è vicina', perso il valore aggiunto della politica, appare ai nostri giorni come un'amara commedia sulla società italiana del tempo. Deformante quanto si vuole, e tuttavia simile nei caratteri a una commedia all’italiana che pure sembrava distante dai principi ispiratori dell’impegnato Bellocchio. A guardarla oggi la pellicola, al di là dell’intreccio familiare in cui il sesso ricopre il ruolo centrale (con un chiasmo tra piccolo borghesi e aristocratici), svela i tic, le paure, le goffe aspirazioni, della società della provincia (siamo a Imola) in cui si ha voglia di identità e di affermazione e si usa la politica per aspirare a un benessere durevole. “In barba alle ideologie, che peraltro ancora erano alla base di tutti i partiti italiani, oggi spazzati via”: è quanto afferma lo stesso Bellocchio, il più politico dei nostri registi che, a guardare bene, non ha mai fatto film politici.

Un indimenticabile Glauco Mauri, nobile e professore, e un indomito Paolo Graziosi, ragioniere, guardano al partito socialista di cui sono rispettivamente assessore e portaborse come un trampolino per le loro aspirazioni. Allora, nelle intenzioni, dovevano suscitare scherno e derisione: non si sapeva che sarebbero divenuti archetipi di politici a venire. Ma in quel momento chi poteva immaginare che i mercati cinesi avrebbero con i loro occidentali consumi salvato la nostra industria del lusso?