Lunedì 6 Maggio 2024

Festa della donna, i meriti del film 'Suffragette'

Protagonista una lavandaia sfinita da 13 ore di lavoro in mezzo ai miasmi e alla mercé, anche sessuale, di un minaccioso padrone

Una scena del film 'Suffragette'

Una scena del film 'Suffragette'

Milano, 8 marzo 2016 - Per molte donne la giornata che inizia con un mazzo di mimose potrebbe finire con la visione di un film: Suffragette. I festeggiamenti previsti per oggi 8 marzo, giornata dedicata alle conquiste (non ancora tutte acquisite e certamente non ovunque) nell’ambito dei diritti sociali, politici e economici da parte del mondo femminile riguardano una lotta sacrosanta condotta da più di un secolo con esiti importanti ma non certo definitivi. E’una data simbolica che fa riferimento al lontano 1909 quando in Usa furono organizzate per la prima volta manifestazioni a sostegno dei diritti delle donne al voto.

Oggi l’esercizio di questo diritto è ahimè un po’screditato nella vecchia Europa anche se sono proprio le donne a essere più numerose ai seggi ma per il genere femminile questa conquista è recente (in Italia ricordiamocelo solo dal 1946) ed è stata il frutto di una storica lotta.  A raccontare un capitolo di questa battaglia, forse il più significativo, è proprio il film inglese Suffragette già uscito in molti paesi ma tenuto in serbo per questi giorni dal mercato italiano che ha visto nelle pellicola di Sarah Gavron l’occasione per celebrare la ricorrenza.

Con il termine suffragetta (da suffragio) si indica storicamente le appartenenti ai movimenti di emancipazione femminile nati inizialmente nel mondo anglosassone per ottenere il diritto di voto per il genere femminile ma la parola per molto tempo a causa della diffidenza maschile e delle donne più conservatrici non ha avuto buona stampa. Per molto tempo la suffragetta è stata nella rigida società inglese considerata una poco di buono o almeno una donna decisa a sottrarsi agli obblighi familiari  per dedicarsi a una personale battaglia politica talvolta violenta e comunque condotta con metodi che si stentava a avvicinare all’universo femminile.

Il film di Sarah Gavron ha il merito di ricostruire sia pure su uno sfondo melodrammatico e in termini un po’ dickensiani le condizioni miserevoli in cui vivevano le donne lavoratrici inglesi all’inizio del secolo dissanguate dal progresso industriale e dalla supremazia maschile. Comunque nessuna paura: il ritmo, la suspence, l’intreccio personale che vede protagonista una lavandaia (Carey Mulligan) sfinita da 13 ore di lavoro in mezzo ai miasmi e alla mercé, anche sessuale di un minaccioso padrone, sono di stampo hollywoodiano sicché la battaglia per il voto e in senso lato per migliori condizioni di vita è iscritta in un racconto che non esclude toni rudi ma si mantiene ben congegnato e godibile.  

Pensato, scritto (Abi Morgan) diretto e realizzato interamente al femminile Suffragette è arricchito dalla presenza di una lunga teoria di star femminili  (da Helena Bonham Carter a Romola Garal) e persino dalla partecipazione di Meryl Streep che ha supportato generosamente il film in tutti i modi possibili.  Al di là del valore strettamente cinematografico Suffragette è quindi una manifestazione di adesione a un’ideale che dal tempo del suffragio si protrae fino al moderno femminismo.

Per molte donne con o senza mimose, la visione del film può essere un’occasione per rendersi conto di quanto sia costato il diritto di voto che oggi si trascura ma il cui ottenimento è senza dubbio legato alle migliori condizioni di vita di oggi.  Se in questi giorni il mondo femminile si può battere per la totale parità retributiva, per esempio, è anche grazie alle suffragette.