Giovedì 25 Aprile 2024

Ben venga il populismo

IL GRANDE Equivoco continua. A sette anni dall’inizio della crisi economica che ha scoperto agli occhi del mondo le vergogne dell’Europa, si continua a bollare con l’etichetta di “populisti” tutti...

IL GRANDE Equivoco continua. A sette anni dall’inizio della crisi economica che ha scoperto agli occhi del mondo le vergogne dell’Europa, si continua a bollare con l’etichetta di “populisti” tutti coloro che osano dire che “il re è nudo”. Ma il re, in effetti, è nudo. E sta battendo i denti dal freddo. Il Grande Equivoco consiste proprio in questo: nel considerare figli illegittimi di madre Europa e padre ignoto coloro che ne rappresentano invece gli eredi diretti. Il “populismo” è infatti figlio legittimo di quest’Europa costruita a tavolino senza sovranità monetaria, senza retorica e senza politica. Senza consenso, dunque. Così che alla prima crisi nulla tiene più, e attraverso leader spesso modesti detti “populisti” i popoli reclamano a gran voce che il potere torni in capo alla politica e che la politica si metta a capo dell’Europa. C’è più europeismo in chi oggi combatte quest’Europa di quanto non ve ne sia in chi, colpevolmente, continua a tacerne i limiti strutturali. Detta altrimenti: semmai l’Europa dovesse un giorno nascere davvero su un piano politico, acquisendo di conseguenza quella legittimità che oggi non ha, sarà grazie agli odierni, vituperati “populisti”.

DI DESTRA, di centro o di sinistra che siano. Gente come Alexis Tsipras, che oggi dovrebbe vincere le elezioni in Grecia. L’establishment globale e globalizzato si augura che ciò non accada, ma per l’Italia (e anche per l’Europa) sarebbe una buona cosa. Tsipras non è un invasato, non predica l’uscita dall’euro, non intende rovesciare il tavolo europeo. Chiede che vengano riconosciuti alla Grecia gli sforzi fatti dopo sette anni di recessione continua e la macelleria sociale derivata dai brutali tagli imposti dalla Troika. Se questo quarantenne leader della sinistra greca riuscirà a mantenersi in equilibrio tra responsabilità e ribellione, l’Italia di Renzi guadagnerà un alleato prezioso e il peso dei due Paesi dove non a caso affondano le radici culturali dell’Europa darà nuova sostanza alle richieste di un cambiamento radicale nel governo dell’Ue e della sua moneta. Poi, certo, quando i greci si rivolgono a noi italiani dicendo che abbiamo la stessa ‘faccia’ e apparteniamo alla medesima ‘razza’, dicono il vero. Una faccia e una razza diverse, ad esempio, da quelle dei protestanti tedeschi.

E NON È certo casuale che i Paesi più arretrati sulla via del capitalismo siano quelli cattolici non riformati, i famigerati ‘Piigs’ (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna). Ovvero i Paesi più colpiti dalla crisi anche perché più estranei a quel senso del dovere e della responsabilità individuale che secondo il sociologo Max Weber rappresentano i presupposti dello «spirito capitalista». I greci, noi italiani e a seguire gli altri ‘maiali’ più o meno latini, hanno lungamente vissuto al di sopra delle proprie possibilità, abusando dello Stato ed evadendo in massa il fisco. Dobbiamo fare autocritica, dunque. Dobbiamo riformarci. Ma non minori sono l’autocritica e l’autoriforma che ci si aspetta oggi dai ragionieri di Bruxelles e dai mezzi leader di Berlino.