Lunedì 20 Maggio 2024

Articolo 18, nuovi assunti e sussidi Governo pronto a mettere la fiducia

Ettore Maria Colombo ROMA OGGI, a Palazzo Chigi, non si vedranno ‘solo’ il premier e il ministero dell’Economia Padoan per mettere a punto quella legge di Stabilità che va presentata davanti al Parlamento il 15 ottobre, ma anche Renzi e il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Al centro del confronto c’è la decisione se mettere o meno la fiducia sul ddl Poletti (detto Jobs Act), ora all’esame del Senato. Oggetto del braccio di ferro con Cgil e Fiom (domani il vertice a Palazzo Chigi con le parti sociali), oltre che con la minoranza Pd, c’è la cancellazione dell’articolo 18 per tutti i nuovi contratti ‘a tutele crescenti’, come li chiama Poletti. NELLA VERSIONE uscita dalla commissione Lavoro (relatore Maurizio Sacconi, Ncd) però, l’abolizione dell’art. 18 per le imprese sopra i 15 dipendenti non è scritto distintamente, fa notare la senatrice dem (ed ex cislina) Annamaria Parente, che definisce «un gran lavoro, quello fatto in commissione», e che contiene molto altro, «dalle politiche attive per il lavoro ai nuovi lavori». Morale: per introdurre lo strumento dell’indennizzo (da definire il quantum e l’anzianità) al posto del reintegro, previsto dall’art. 18, che resterebbe solo per i licenziamenti discriminatori e pure quelli disciplinari (come da compromesso trovato nella Direzione Pd) serve un testo ‘nuovo’, che si materializzerà, tra domani sera e mercoledì mattina sotto forma di maxi-emendamento del governo scritto da Poletti. Dovrebbe contenere un colpo al cerchio dell’Ncd (via l’art.18 per tutti i nuovi contratti) e uno alla botte minoranza Pd (‘fatti salvi’ i discriminatori e i disciplinari, da definire, poi, nei decreti attuativi, faceva capire ieri Poletti) con più i soldi per gli ammortizzatori sociali e un’apertura alla minoranza sull’ipotesi di ridimensionare il demansionamento. Mettere la fiducia, però, non sarà un’operazione facile né indolore. Vero è che, al Senato, a differenza della Camera, la si può mettere al mattino e votarla la sera, ma la discussione generale riprenderà solo domani, poi il pit-stop per l’ennesimo voto sulla Consulta. Renzi, però, è atteso a Milano per il vertice Ue sull’occupazione proprio l’8 ottobre e scalpita per incassare la fiducia entro quella data. Morale: la fiducia ci sarà già mercoledì 8 o, al massimo, giovedì 9. Fonti di via Veneto («Sarà decisivo il confronto Renzi-Poletti») e di Palazzo Chigi («decideranno i gruppi parlamentari») si tengono ‘larghi’ e indefiniti sul punto, ma dal gruppo democrat del Senato arriva la conferma pur se ufficiosa: «Il governo metterà la fiducia». LA MINORANZA Pd, che da ieri si chiama ‘Sinistra dem’, è già sul piede di guerra. Il senatore Miguel Gotor chiede di «mettere nero su bianco il diritto alla reintegra per i disciplinari» e definisce la fiducia «un atto di debolezza bis» (perché fatto su legge delega). Eppure, il ministro Poletti lo ha detto chiaro, ieri, a Rainews24: «Serve una rapida e certa approvazione del testo». Ergo: fiducia.