Giovedì 16 Maggio 2024
UBALDO SCANAGATTA
Tennis

Berrettini, tennis da Oscar. "Io come Django"

Oggi semifinale agli Us Open. "In campo e fuori, sono nato e risorto mille volte"

Matteo Berrettini (LaPresse)

Matteo Berrettini (LaPresse)

New York, 6 settembre 2019 - Fino a pochi giorni fa mi messaggiava chiamandomi ‘Prof’. Ora riceve 1000 messaggi al giorno e non ha davvero più tempo di rispondere. E poi il professore è diventato lui, Matteo Berrettini, primo italiano in semifinale all’US Open 42 anni dopo Corrado Barazzutti. Alto 1,96, bello, potrebbe fare il tronista della De Filippi, ma non è il tipo. Simpatico, educato, spiritoso, i settimanali faranno a gara per metterlo in copertina. Piace come piaceva Panatta. E non solo a Alja Tomljanovic, la sua girlfriend australian-croata.

Matteo qua è già una star. Ma non si darà mai arie. Sui campi in cemento di Flushing Meadows ha fatto fuori 5 rivali, gli ultimi due contro pronostico. Il russo Rublev (recente vincitore di Roger Federer). Poi il francese Gael Monfils sull’Ashe Stadium, il più grande del mondo per il tennis. "Non ci avevo mai messo piede e lui invece chissà quante volte. Dopo il mitico Centre court di Wimbledon che sognavo da bambino ecco l’Ashe: grandissimo, mi ha stupito averci messo poco ad abituarmi. Un’umidità poi! Ho dovuto anche cambiare le scarpe; ma in 5 set ho affrontato tutto, umidità, freddo, caldo, tetto aperto, tetto chiuso. Condizioni toste. Ma il mio tennis logora. Per starmi dietro si deve far fatica, alla lunga esco fuori. Mi sono abituato bene ai 5 set: sono come un pugile che lavora ai fianchi".

Match pazzesco… "Sì, pazzesco come tutti quei match-point che ho mancato…".

Quattro. E il primo con il primo maledetto doppio fallo del set. "Ma che film è stata la mia partita? Django Unchained, perché è stato un bagno di sangue! Parlavo col mio mental coach prima, mi ha detto che pensava che si potesse nascere e morire una sola volta, e che invece guardando il match gli era successo un sacco di volte! Sono crollato, mi sono rialzato, tante volte, questo è grande motivo di orgoglio".

E alla fine? "Non mi ricordo più i punti, ma solo il servizio vincente finale (202 km orari). Ero appena un po’ teso, ma non ve ne sarete accorti (aggiunge sarcastico)".

Ben 42 anni fa in semifinale arrivò Barazzutti senza il servizio a 220 km l’ora il dritto fucilata di Berrettini. Rino Tommasi lo ribattezzò ‘soldatino’. "Beh, io sono di Roma, forse ora, dopo 4 ore di battaglia, potrei essere ‘Il Gladiatore’".

Il grande campione svedese Mats Wilander mi ha detto: "Berrettini sembra così poco italiano come atteggiamento", mentre il suo amico e manager Corrado Tschabusnig sostiene: "Berrettini mi ricorda Panatta". "Se lo dicono loro...".

Ora la sfida al grande favorito del torneo, Rafa Nadal. "Avrò visto un centinaio di sue partite. Chi non lo conosce? La prima volta? Ricordo la finale di Nadal a Roma contro Coria: la stavano dando in chiaro su un canale che trasmetteva cartoni animati. Io ero piccolo e quei due rimasero in campo sei ore. Ma andiamo!, io volevo guardare i cartoni! Sì, lo ricordo e fu incredibile. Anche i miei compagni di classe iniziarono a seguire il tennis perché videro quella partita. E mi dicevano, anche tu fai questo sport? E io rispondevo che sognavo di giocare partite come quelle. E adesso eccomi qui. Sono felice".

Quattro anni fa non aveva ancora un punto Atp. Oggi Berrettini è numero 13 del mondo, in semifinale all’US Open. Eppure continuava a pensare che la sua superficie migliore fosse la terra rossa. Poi ottavi sull’erba a Wimbledon, semifinale qui sul cemento. "Certo, sul cemento non avevo vinto una partita quest’anno fra Slam e Masters 1000, 4 ko su 4 partite".