Mercoledì 1 Maggio 2024

Juve in picchiata, anche Allegri si arrende

Doppietta di Simeone, altro ko a Verona. Il tecnico: "Siamo da centroclassifica". Dure accuse ai giocatori: "Non si vince senza lottare"

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Paolo Franci

Non è questioni di assenti nè di alibi. Il colpo doppio del Cholito, che dopo la Lazio affonda anche la Juve, si riflette impietosamente in una squadra che, giunta alla quarta sconfitta in campionato (la seconda di fila)- e partita con il Chelsea a parte - squadra non è e non è mai stata.

E se durante la sfida con il Verona, sulla parata-miracolo di Montipò su Dybala, Max Allegri lancia il cappotto così come fece anni fa a Carpi, ieri ha lanciato anche un messaggio crudo ai suoi: "Dobbiamo accettare la realtà, siamo una squadra di mezza classifica, per ora". D’altra parte chi corre lassù potrebbe scappare a +16. E forse, adesso, proprio il fatto di non dover più rendere conto in zona titolo toglierà paradossalmente alla Juve un senso di responsabilità divenuto assillante. In ogni caso, lo j’accuse di Max è a un gruppo che scende in campo presuntuoso e convinto di essere grande anche se, avverte Max: "Avere la maglia della Juve non vuol dire battere gli avversari" e poi rincara: "Non c’è squadra che abbia vinto senza mettere in campo il giusto rispetto per gli avversari. Dobbiamo correre, lottare e contrastare di più". Parole spese col sorriso, certo, ma dal contenuto assai duro. Si è pensato che la colpa fosse di Pirlo e ancor prima che Sarri non fosse da Juve. Addirittura, s’è parlato di CR7 come di un peso. Eresia. Il problema invece è lì in mezzo, dove un tempo sprigionavano classe Pirlo, Marchisio, Vidal e Pogba, e dove oggi arrancano giocatori senza un vero senso compiuto come l’inspiegabile Rabiot, sul quale pende ancora il mistero su che razza di giocatore sia. O forse, lo si è capito da un pezzo. Oppure il volenteroso Bentancur, che in una Juve che ambisce a palcoscenici d’elite al massimo può essere una riserva. Per arrivare poi a chi giocatore, pur tra infortuni e un adattamento al nostro calcio pari a zero, qui da noi lo è è stato raramente, da Arthur fino a Ramsey. Là in mezzo c’è poi McKennie, giocatore di prospettiva ma distante dagli standard da titolare nella Juve che ha dominato negli ultimi anni. Ora, chiaro, la croce finisce sulle spalle dell’allenatore, richiamato a furor di dirigenza dopo aver divagato tra Sarrismo e Pirlismo e dal quale ci si aspettava un ritorno al crudo pragmatismo e a quella Juve che là dietro non faceva passare neanche gli spifferi. Però poi capita che troppi interpreti che la dirigenza gli ha messo a disposizione non siano l’incarnazione del suo credo pallonaro anche se, come si ripete spesso, se sei Max Allegri devi saperne uscire fuori. Il problema è: come?