Martedì 30 Aprile 2024

"Italia, puoi vincere questi Europei folli"

L’analisi di Buffa: "Conta come stai non come giochi, e gli azzurri sono in grande forma. Gigio? E’ il migliore e va pagato come tale"

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di Gianmarco Marchini

In "Febbre a 90’" Nick Hornby spiegava giustamente che "la condizione naturale del tifoso di calcio è la delusione, indipendentemente dal risultato". Poche volte il popolo del pallone si è raccolto in un cerchio di dispiacere come per Marco Van Basten, costretto ad appendere troppo presto gli scarpini al chiodo delle sue caviglie. Come un artista che dipinge su uno sgabello zoppo, il cigno di Utrecht ha pennellato calcio reggendosi sulla forza di un talento enorme, preservato dagli dèi del calcio finché hanno potuto. Così l’Europeo in corso diventa una più che valida ragione per ricordare "quel" gol. Federico Buffa l’ha rilucidato con la sua epica in un’altra imperdibile puntata dello "SkyBuffaRacconta: van Basten - ‘88". L’Olanda che batte in finale l’Unione Sovietica con una magia di Marco fuori da ogni logica.

Buffa, lei l’ha definita "la parabola del gol più bello della storia degli Europei che nessuna caviglia sana avrebbe mai potuto segnare".

"Van Basten ha giocato pochissimi anni e, come dice lui, si è divertito a fare dio. I tormenti di quelle caviglie se li è portati anche nel post-carriera. Nel suo libro racconta che oggi ci può mettere dieci minuti per andare dal letto al bagno, con la moglie che fa finta di dormire per non farglielo notare".

Però forse proprio la sua imperfezione, il suo fisico di cristallo, ce l’hanno fatto amare così tanto.

"In lui convivono il concetto di fragilità e potenza, di eleganza e minimalismo: è stato uno dei calciatori più iconici degli ultimi cinquant’anni".

Anni luce dai giocatori-robot di oggi, con il culto del fisico statuario e la presunzione di vincere il tempo.

"Oggi il problema di Van Basten avrebbe molte più soluzioni, sono migliorate le tecniche chirurgiche, gli studi scientifici: la vita degli atleti è stata allungata. E quelli che riescono ad allungarsela sono quelli particolarmente dotati e disciplinati. Ronaldo, per esempio. Mi diceva Ancelotti che, ai tempi del Real, quando tornavano da una trasferta, siccome l’aeroporto è vicino al centro tecnico, Cristiano alle 2 e mezza di notte si fermava a fare quarantacinque minuti di terapie col ghiaccio. Perché sapeva che, facendo così, l’indomani si sarebbe potuto allenare normalmente come se non avesse giocato".

Tanto per marcare le differenze coi nostri tempi: Van Basten, alla fine del primo anno al Milan, avrebbe potuto accettare la proposta del suo mentore Cruijff e seguirlo al Barcellona.

"Quando lui e Gullit arrivano a Milano, il numero uno della coppia è Marco, anche se Ruud fa benissimo e vince lo scudetto mentre l’altro inizia il suo calvario fisico. Ma Marco non ci sta, l’idea che i tifosi rossoneri e San Siro lui non sia riuscito a convertirli a se stesso è un’idea inaccettabile. Lui deve andare via da lì con la gente in piedi. So chi sono, so cosa valgo".

Viene naturale il confronto col caso Donnarumma...

"Sinceramente non ho mai creduto che sarebbe rimasto. I tifosi del Milan hanno tutte le ragioni di essere fuori da ogni grazia di Dio, ma Donnarumma è il migliore del mondo: lo devi pagare come tale. Lui ha detto: io valgo questo e mi dovete dare questo, e ha ragione. Alla fine ha portato a casa quello che voleva, anche perché ha un procuratore molto abile. Ma non parliamo di romanticismo: nel calcio non esiste più da quindici anni, è finito con l’arrivo di tutti questi soldi legati alle tv. I Maldini e i Baresi sono scomparsi".

Non esistono più nemmeno giocatori capaci di prendere posizione su un tema importante come il razzismo.

"E’ proprio una cosa triste, ma il calcio è arido di suo da questo punto di vista. Se alle federazioni - esclusa quella inglese - o all’Uefa interessasse davvero la questione del razzismo, questo problema dell’inginocchiarsi non si porrebbe nemmeno. Ma non hanno il coraggio di prendere provvedimenti veri. Quindi, di fatto, queste sono finzioni, simbolizzazioni, quando in realtà il calcio non fa niente per combattere questa piaga".

L’Europeo almeno ci regala storie emozionanti: la Danimarca che vola per Eriksen, la Svizzera che batte la Francia, il Belgio che elimina CR7. E’ la vittoria storica del collettivo sul singolo?

"No, il calcio ha tante componenti di casualità, è uno sport inesatto: si gioca in un campo di 110 metri, in erba, in undici e con una palla che va dove vuole, il tutto con delle regole un po’ particolari. Credo semplicemente che i giocatori siano stanchi mentalmente, quindi vincerà chi sta meglio fisicamente. L’Italia sta benissimo atleticamente, e in questo momento conta come stai più di come giochi. Nell’ultimo anno sono stati chiesti agli atleti degli sforzi al limite delle possibilità: quindi ci sono dei risultati particolari. Ma mi sembra evidente che gli azzurri stiano benissimo".

Di certo, era impronosticabile l’uscita della Francia in questo modo.

"Presa singolarmente, è la Nazionale nettamente più forte, ma non è una squadra particolarmente organica. Dopo il rigore sbagliato da Rodriguez e il 3-1 di Pogba, la partita era finita. Poi si è riaperta per motivi misteriosi. Il calcio è questo".

C’è una rete che l’ha colpita fin qui?

"Sinceramente non ho ancora visto il gol che ci ricorderemo per generazioni. E per vederne uno come quello di Van Basten puoi anche aspettare cent’anni: non arriva mai".