Non svegliatelo dal sogno azzurro che sta vivendo e costruendo. Matteo Pessina continua a ripeterlo su Instagram; “Non svegliatemi”. La sua frase tormentone è diventato l’hashtag virale dei tifosi dell’Atalanta, e non solo, e la stessa Dea sui social ha salutato così la sua prodezza contro l’Austria: #nonsvegliatelo!
Un sogno, perché Matteo Pessina non si è mai considerato un predestinato. Quattro anni fa era un giocatore di serie C dopo un triennio tra il suo Monza (di cui è tifosissimo), due esperienze non felicissime tra Catania e Lecce, e il rilancio al Como. Quattro anni fa Pessina lasciava il Lario e sognava la serie B. Che arrivò a sorpresa attraverso l’Atalanta: non era pronto e così venne mandato allo Spezia, finalmente in B. Poi il ritorno a Bergamo nell’estate 2018.
Appena tre anni fa l’eroe azzurro di oggi sognava di esordire in serie A. Con la Dea in realtà realizza un altro doppio sogno perché Gian Piero Gasperini lo lancia titolare a luglio nei preliminari di Europa League contro il Sarajevo e poi alla seconda di serie A all’Olimpico contro la Roma, in un rovente 3-3 il 27 agosto 2018. La prima in A, pochi giorni prima di un esame di Economia Aziendale, sempre a Roma. Perché Pessina, il non predestinato, ha sempre tenuto i piedi per terra pur sapendo di aver mezzi tecnici importanti: il diploma, il primo pezzo di carta, poi appunto l’università, per seguire le orme del padre commercialista. Studia davvero, tra qualche anno prenderà la laurea in Economia e Commercio per utilizzarla quando appenderà le scarpette al chiodo.
In ritiro si porta i libri di economia, tra lo stupore dei compagni, confermando questo suo ruolo non cercato, non ostentato, ma naturale, di calciatore atipico. Zero tatuaggi, ha spiegato più volte che semplicemente non gli piacciono, zero eccessi, la faccia da bravo ragazzo che va appunto all’università. Anche se il calcio viene prima di tutto. Quando era studente alle superiori e faticava a conciliare gli allenamenti con la presenza sul banco un professore lo redarguì: ‘Matteo guarda che nel calcio ne esplode uno su mille’. Lui educatamente gli rispose: ‘Ha ragione, ma quell’uno che esplode voglio essere io’. E riuscì a farsi promuovere a scuola. Sul campo da calcio ormai è già oltre la laurea. E oltre i suoi sogni: da bambino quando lo prese il Monza, di cui era tifosissimo tanto da avere la sciarpa al collo, sperava di arrivare un giorno in prima squadra. Ci sarebbe arrivato a 17 anni nel 2014, in serie C.
Suo padre, presenza silente a bordo campo, sperava arrivasse al nerazzurro, quello dell’Inter, la squadra amata dalla famiglia Pessina, ma non da Matteo, biancorosso doc. In molte interviste nel suo primo anno a Bergamo ha più volte dichiarato di sognare di giocare un giorno in serie A con il Monza e di volerlo affrontare il prima possibile nella massima serie da avversario, con l’Atalanta.
Eppure presente sugli spalti a Madrid nel maggio 2010 nella finale di Champions contro il Bayern Monaco, per accompagnare il padre, per festeggiare con lui anche senza essere interista: aveva 13 anni quella sera e sognava il Bernabeu e quelle grandi notti di Champions. È arrivato in Champions, ha giocato sui campi dell’Ajax, del Liverpool ad Anfield Road e anche del Real Madrid, ma non al Bernabeu chiuso per lavori di restyling ma nel piccolo impianto di allenamento di Valdebbas. Poco male. Ci tornerà al Bernabeu. Certi sogni non hanno scadenza e a 24 anni Pessina ne ha ancora tanti da esaudire. Per ora sogna azzurro, sogna Monaco di Baviera, sogna poi di tornare a Wembley…
Adesso non svegliatelo però…