Lunedì 29 Aprile 2024

Blackout e cambi, l’Inter va a singhiozzo

L’attacco regge, anche se Lukaku non c’è e Correa non incide: il problema di Inzaghi è la gestione di un gruppo sull’altalena emotiva

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di Mattia Todisco

Trentasette punti in un girone. Il dato è eloquente, al di là dei meriti di chi sta avanti a tutti. Se davvero il Napoli chiuderà ai 100 punti oggi in proiezione, qualche rimpianto si cancellerà per chi non ha tenuto il passo. Il che non significa non riconoscere che si poteva fare di più, chissà nel girone di ritorno ma certamente, per l’Inter, in quello d’andata. Fa ancora più sensazione, vedere quella quota stampata al giro di boa, pensando al girone di Champions superato con la qualificazione in tasca e alla Supercoppa vinta dominando sul Milan. In A, però, è stata un’altalena.

CHE COSA VA. Inzaghi deve ripartire da quel che funziona. Finalmente, dopo un avvio stentato, le sfide di alta classifica. Le ultime due contro Atalanta e Napoli sono state portate a casa. Quella coi partenopei al termine di una prestazione nettamente superiore a chi sta dominando il torneo. Il che significa che le qualità per far bene ci sono. C’è Dzeko, ad esempio. Non era scontato rispondesse così nell’annata in cui le premesse erano diverse dalla passata stagione. Doveva essere il vice-Lukaku, a momenti è il belga ad essere la sua riserva. Se "Big Rom" tornerà ai fasti di un tempo le gerarchie si ribalteranno, ad oggi Inzaghi ha la fortuna di avere nel bosniaco una riserva che sarebbe titolare quasi ovunque, nonostante stia per toccare i 37 anni. Il terzo punto per cui sorridere è che il percorso è ancora lungo. Manca tutto il girone di ritorno, la Supercoppa è già in bacheca, in Coppa Italia e Champions League la squadra è tuttora in corsa. Paradossalmente non c’è obiettivo che non possa essere centrato.

CHE COSA NON VA. Le note dolenti si sentono, stonano. C’è un problema di mentalità evidente (un aspetto su cui l’allenatore deve influire) se dopo aver vinto col Napoli si pareggia a Monza o se con la Supercoppa appena alzata al cielo si perde in casa con il pur ottimo Empoli. Quasi sempre per mancanze proprie, una gestione cervellotica dei finali, un momento di blackout del singolo (il rosso a Skriniar). Il risultato è che si corre a singhiozzo e anche la zona Champions è un traguardo oggi tutto da conquistare. Tolta l’ultima uscita, l’attacco funziona. È il secondo in A dietro al Napoli, 38 centri. Per trovare l’Inter nella graduatoria dei gol subiti bisogna invece scendere all’undicesimo posto, 25 a pari merito con la Fiorentina, peggio del Lecce quattordicesimo. Soprattutto in trasferta, nella voce specifica, si viaggia a medie da retrocessione. Va bene il "giochismo", ma va accompagnato dal contrasto ed è un fondamentale in cui i nerazzurri peccano pesantemente. In ultimo le scelte. Di mercato e a volte nell’immediato. Il ritorno di Lukaku è stato ad oggi un investimento sbagliato.

Quello di Correa, che lo aveva sostituito nel giorno dell’addio a Milano su precisa indicazione del tecnico, è andato anche peggio. Dumfries, che finora ha fatto meglio del previsto, è finito (momentaneamente?) nel dimenticatoio. Col bilancio che piange, non sarà semplice trovare nuove risorse per rafforzarsi in estate. A gennaio non è previsto alcunché.