Lunedì 7 Ottobre 2024
Giulia Orlando
Merito e mobilità sociale

Materie STEM, è tempo di colmare il gender gap

Più donne laureate rispetto agli uomini, ma i numeri per le discipline scientifiche restano bassi: l’aiuto di dati e ricerche scientifiche per capirne le ragioni che vengono da lontano

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Corso d'orientamento Stem

Pisa, 19 settembre 2024 – I numeri parlano chiaro: più donne laureate rispetto agli uomini, ma meno nelle discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics). Quali possono essere le ragioni? Carenza di modelli di riferimento e stereotipi di genere che considerano alcuni settori di pertinenza tipicamente o esclusivamente maschile. Le donne nel mondo STEM portano un valore inestimabile, dalla diversità di pensiero, agli approcci creativi e alle soluzioni innovative: è tempo di colmare questo divario.

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Giulia Orlando

Un po’ di dati

Come riportato dal Focus Gender Gap 2024 del consorzio interuniversitario Almalaurea, il 59% dei laureati STEM è composto da uomini, mentre le donne rappresentano il 41%. In alcuni settori, come quello dell'Informatica e tecnologie ICT e quello dell'Ingegneria industriale e dell'informazione, la presenza maschile supera addirittura i due terzi. E nonostante il numero inferiore, le donne ottengono prestazioni accademiche superiori sia nel voto medio di laurea (104,7 su 110 contro 102,8 degli uomini) sia nella durata del percorso (il 58,6% delle donne conclude gli studi nei tempi previsti rispetto al 54,2% degli uomini). Tuttavia, queste migliori prestazioni universitarie non si traducono in un vantaggio nel mondo del lavoro, anzi. Il tasso di occupazione dei laureati STEM a 5 anni dalla laurea è maggiore negli uomini rispetto alle donne (94,6% contro 90,4%) così come la retribuzione mensile (1.948 euro contro 1.720 euro per gli impiegati a tempo pieno).

Come mai questo gender gap?

Per secoli, l'accesso all'istruzione era limitato alle donne nei conventi e, fino all'inizio del Novecento in molti paesi europei, era vietato loro frequentare scuole e università. Quindi le donne, escluse dall'educazione formale, hanno trovato spazio in ambiti dove non era richiesta una preparazione specifica: nell'arte e nell’artigianato, nella scrittura e nella poesia. Le poche donne che potevano acquisire conoscenze scientifiche erano quelle con un padre o un marito scienziato disposto a condividere il loro sapere. Da qui nasce lo stereotipo per cui le donne sono più inclini alle discipline umanistiche piuttosto che a quelle scientifiche.

In realtà, una differenziazione dei compiti tra uomo e donna è sempre esistita: già nelle epoche preistoriche si era messa in evidenza la forza fisica necessaria per sopravvivere e per cacciare da un lato e le numerose gravidanze e le mansioni meno gravose, come la raccolta dei frutti, dall’altro. E i compiti spettanti all’uomo, in primis la caccia, erano già considerati più autorevoli e prestigiosi di tutti gli altri: sono queste le radici della futura subordinazione femminile. In seguito, l’istituzione di un sistema sociale basato sulla discendenza patrilineare e sul diritto paterno ha accentuato la divisione dei ruoli: gli uomini avevano il controllo esclusivo della sfera pubblica, quindi della politica, dell’economia e del diritto, mentre alle donne, sottoposte completamente all’autorità del padre o del marito, spettava la sfera domestica. Questa distinzione si riflette oggi nella diversa concezione delle priorità della vita: gli uomini attribuiscono maggiore importanza al successo professionale e al reddito rispetto alle donne, che invece tendono a valorizzare di più l'equilibrio tra lavoro e vita privata e dedicare tempo a famiglia e amici.

In ogni caso, diversi studi scientifici evidenziano differenze tra uomini e donne nella cognizione e nell'approccio alle medesime situazioni. Mentre negli uomini prevalgono l’abilità spaziale, il problem solving e la sistematizzazione, nelle donne emergono il verbal reasoning, l’abilità di scrittura e l’empatia. E quindi, se da una parte vi sono il desiderio e l’abilità di capire i sistemi meccanici, fisici e astratti del mondo, dall’altra prevalgono il desiderio e l’abilità di capire le persone. Sebbene la ricerca scientifica spesso richieda capacità di astrazione e pensiero non convenzionale, le donne hanno comunque dimostrato di possederne quando hanno avuto l'opportunità di eccellere in questi settori. Da Marie Curie a Rita Levi Montalcini, da Margherita Hack a Samantha Cristoforetti: tutti esempi lampanti di come le donne possano distinguersi in ambiti scientifici complessi. Oltretutto, un gruppo di lavoro in cui uomini e donne collaborano tra di loro permette di intersecare esperienze e punti di vista diversi. Alcuni studi infatti dimostrano come la diversità di genere in un ambiente lavorativo abbia un impatto significativo sulla creatività e sulla qualità delle decisioni migliorando la rappresentanza, l'equità e la validità della scienza.

Uno studio della Cornell University ha rilevato che, nonostante non vi siano differenze di prestazione in termini di qualità e quantità, gli uomini tendono a sovrastimare le proprie capacità e performance, mentre le donne le sottostimano. Lo stesso studio mostra anche che le donne si preoccupano maggiormente del fatto di essere disprezzate, di apparire poco attraenti, di oscurare gli altri o di attirare troppa attenzione. Gli uomini non sono esenti dal dubitare di sé stessi, ma non permettono che i loro dubbi li fermino così spesso come accade alle donne. Un rapporto interno di Hewlett Packard, nota multinazionale statunitense in ambito informatico, ha rilevato che gli uomini si candidano per un lavoro o una promozione quando soddisfano solo il 60% delle qualifiche, mentre le donne solo se ne soddisfano il 100%.

Da dove traggono origine queste differenze anche cognitive tra i sessi? Sono il prodotto di stereotipi ampiamente diffusi, secondo cui, ad esempio, soltanto gli uomini hanno l'innata brillantezza necessaria per eccellere in determinati ambiti. Questi stereotipi possono convincere le stesse ragazze che questi campi non siano adatti a loro, portandole a perdere interesse e a dedicare più tempo ad altre attività. Possono inoltre indurre genitori e insegnanti a indirizzare le ragazze lontano da settori a prevalenza maschile o causare una loro sottoperformance a causa della loro ansia di confermare questi stereotipi denigratori (la cosiddetta "minaccia dello stereotipo"). Si crea dunque un circolo vizioso: lo stereotipo allontana le donne dalle materie STEM alimentando il gender gap in questi ambiti e, allo stesso tempo, questo gender gap non fa altro che rafforzare lo stereotipo.

Orientamento per le ragazze: “STEM: le ragazze si mettono in gioco”

Tuttavia, al giorno d’oggi il numero di ragazze che scelgono materie STEM cresce sempre di più e questo è dovuto al progressivo incremento di testimonianze e modelli di donne nella scienza che porta a mettere in discussione gli antichi stereotipi. Inoltre, è sempre più forte l'incoraggiamento alle ragazze alle materie STEM da parte di numerose iniziative scolastiche e accademiche.

È in questo contesto che si inserisce il progetto di orientamento “STEM: le ragazze si mettono in gioco”, organizzato dalla Scuola Superiore Sant’Anna, che nelle scorse settimane ha ospitato le 75 partecipanti nella sede centrale dell’università, nel centro di Pisa. In questi giorni, le giovani protagoniste sono state ispirate e incoraggiate a esplorare percorsi di studio in ambito STEM, dalle biotecnologie alle neuroscienze, dall'informatica alla robotica, attraverso lezioni interattive con docenti e ricercatrici di fama internazionale, tavole rotonde, visite ai laboratori e tanto altro.

Colmare il gap di genere nelle discipline STEM è un processo di consapevolezza che deve iniziare dagli spazi scolastici e accademici. La ricerca scientifica è curiosità, creatività e astrazione, e solo grazie al contributo e alla sinergia di tante persone diverse è possibile raggiungere nuove frontiere della conoscenza, sviluppare soluzioni innovative e affrontare le sfide globali con una prospettiva più ricca e completa.

Giulia Orlando è allieva della Scuola Superiore Sant'Anna e tutor del progetto Me.Mo (Merito e Mobilità Sociale)