"La straordinaria capacità di export, la qualità elevatissima dei nostri prodotti, gli investimenti continuativi sulla sostenibilità sono i nostri punti di forza e continueranno ad esserlo anche in una congiuntura internazionale (vedi la Germania) non facile".
Elisabetta Gualmini, presidente del Forum europeo della ceramica, lei è in un osservatorio privilegiato per saggiare lo stato di salute del comparto. Qual è l’andamento del settore?
"La ceramica europea, come tutto il manifatturiero, sta affrontando un periodo complesso a causa di un mix di fattori".
Quali in particolare?
"L’aumento dei costi di produzione dovuto al rincaro delle materie prime, e soprattutto dell’energia, e la riduzione dei consumi".
Consumi in calo, come mai?
"Con la fine del super bonus e i tassi di interessi sui mutui che ancora non scendono in modo sufficiente, è calata la fiducia dei consumatori e le prospettive sul 2025 sono ancora incerte. Sul piano globale, poi, la scarsa reciprocità tra le regole molto rigide che impattano sull’industria europea e la mancanza invece di regolazione sul resto del mondo, fa aumentare la concorrenza sleale e l’asimmetria tra Europa e Asia, aspetto su cui sto personalmente lavorando".
Come uscirne?
"Servono politiche di difesa commerciale dei nostri distretti produttivi più efficaci. Ciò detto però, il distretto ceramico mostra come sempre una grande capacità di adattamento e di innovazione, grazie a imprenditori coraggiosi e illuminati che non smettono di investire con passione e determinazione in uno dei settori più rilevanti per la nostra economia, che solo in Emilia-Romagna vanta 30 mila occupati, e quasi il doppio se si considera l’indotto".
La ceramica europea si è impegnata molto sul fronte della decarbonizzazione e del contenimento delle emissioni con costi a volte insostenibili. Può essere però un comportamento virtuoso penalizzante rispetto al resto del mondo che non sempre invece si muove in questa direzione
"Le industrie ceramiche hanno fatto enormi investimenti in nuove tecnologie a basso impatto ambientale, hanno già ridotto in maniera consistente negli ultimi quindici anni le emissioni inquinanti. Più di così è difficile… se non vogliamo chiudere le imprese. Tutte le aziende che ho visitato stanno facendo sforzi enormi sulla sostenibilità, alcune anche sperimentando l’idrogeno".
E tuttavia l’Unione europea spinge sulla svolta green.
"Gli imprenditori non sono contrari alla transizione ecologica, ma chiedono che venga fatta con pragmatismo e secondo tempi e mezzi adeguati, giustamente. Non con l’ideologia e la demagogia che non portano a nulla. È noto poi che il grosso delle emissioni inquinanti arriva dai riscaldamenti domestici e dal trasporto su gomma più che dalle ceramiche".
Il rischio è di finire in un vicolo cieco.
"È chiaro che se la Commissione europea procede nell’intendo di cancellare le quote gratuite di emissioni di cui possono beneficiare le aziende, questo diventerà un costo insopportabile per un settore che non può fare a meno del gas, anche su questo il mio impegno sarà costante nel corso della prossima revisione delle Ets. La concorrenza sleale poi che oggi arriva dalla Cina per le stoviglie in ceramica e, ancora di più dall’India sulle piastrelle, non aiuta: sono paesi che da un lato sfruttano manodopera, anche minorile, in condizioni di totale degrado sociale e ambientale, e dall’altro usufruiscono di sussidi statali enormi. Impossibile combattere ad armi pari, e - aggiungo - per fortuna sul piano delle condizioni di lavoro.
Quali misure si possono adottare a livello europeo per compensare il gap?
Per compensare il gap competitivo, dobbiamo intervenire su due fronti principali: ridurre i costi di produzione, evitando oneri indiretti come quelli legati ai prezzi dell’energia, e riequilibrare le condizioni di reciprocità tra Europa e resto del mondo. Sia tramite meccanismi di protezione commerciale, come il rinnovo dei dazi anti-dumping, sia tramite investimenti sulla produttività e competitività. Non si può però solo giocare in difesa".
Cosa internde?
"Occorre giocare in attacco e lavorare sulla crescita. Io sono una Starmeriana convinta, condivido le tre parole d’ordine di Starmer con cui ha vinto le elezioni in Gran Bretagna, crescita, crescita e crescita. E il Rapporto Draghi ci dice tutto su questo. Se vogliamo un buon livello di coesione sociale e di redistribuzione, serve la crescita".