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Covid, variante Nimbus: “Ecco come l’ho trovata”. Quali sono i rischi

Il racconto di Federico Gueli, il cacciatore italiano di varianti del coronavirus

di Redazione Salus
30 maggio 2025
Continuano le analisi di laboratorio sulle varianti di covid-19

Continuano le analisi di laboratorio sulle varianti di covid-19

Si torna a parlare di Covid e di varianti. Una, in particolare, inizia a far preoccupare. Si chiama Nimbus, è classificata come variante sotto il monitoraggio dell’Oms ed è stata intercettata dall’italiano Federico Gueli. Nimbus ha dato il primo segnale il 22 gennaio 2025. A quella data risale infatti, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, il primo campione raccolto. Da allora la nuova variante del coronavirus è diventata un’osservata speciale. Il primo ad accorgersi di lei è stato il cacciatore italiano di varianti, Federico Gueli. “Nel 2025 - racconta all'Adnkronos Salute - la Cina aveva caricato davvero poche sequenze. Poi a un certo punto i numeri hanno cominciato a salire e quando un Paese comincia a caricare più sequenze noi aumentiamo il livello di attenzione. Adesso con la riduzione dell'attività di invio di sequenze possiamo esaminarle una ad una ed è più facile. Con un lavoro di routine che facciamo quotidianamente, monitoriamo a tappeto i lignaggi. Ai tempi del boom del Covid siamo arrivati anche a monitorarne 450 contemporaneamente. Controlliamo se crescono, che mutazioni e che vantaggi hanno".

Il cacciatore di varianti Federico Gueli
Il cacciatore di varianti Federico Gueli

“Il progenitore della variante Nimbus era già dominante in Cina e io - prosegue Gueli - mi sono accorto di 3 o 4 sequenze con delle mutazioni, una di queste era già emersa e ritenuta vantaggiosa in altri lignaggi. L'ho quindi proposto al sistema Pango, una piattaforma open access che tiene traccia di quello che è diventato ormai un enorme albero di sequenze pieno di ramificazioni che fotografa l'evoluzione di Covid”.

“Nimbus sicuramente ha un'origine in Cina - racconta il cacciatore italiano di varianti -. E' frutto di più ricombinanti che hanno ricombinato a loro volta in un lungo lasso di tempo e hanno continuato a evolversi. Il nome scelto per lei fa riferimento alla nube e richiama ‘Nb’ ovvero parte del suo nome tecnico. Non è la sola variante che stiamo tenendo d'occhio. Gli studi scientifici che abbiamo in questo momento hanno evidenziato un'altra variante di interesse, un altro ricombinante, XFG. Tutte le varianti che notiamo in questo momento sono ricombinanti. Probabilmente il virus in questa fase non riesce più a ottenere un vantaggio solo con un'evoluzione e gli conviene mischiare parti del genoma per mettere insieme le mutazioni più vantaggiose, un mix di maggiore capacità evasiva e migliore trasmissibilità".

I rischi e i sintomi della variante Nimbus non sono particolarmente diversi rispetto a quelli che sono stati riscontrati sin qui per il covid-19. Per l’Oms questa nuova variante sarebbe caratterizzata da un rischio aggiuntivo basso. Visto l’aumento dei casi nelle ultime settimane, potrebbe trattarsi di una variante con una trasmissibilità maggiore rispetto a quelle precedenti. Stando ai dati che si hanno fino ad ora, non sembra che Nimbus causi infezioni più gravi.