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Gesso o chirurgia ortopedica? Rapida ripresa dopo la caduta

Le cure devono mirare a una ripresa che consenta il pieno ritorno alla vita attiva, a qualunque età

31/10/2023

I progressi della chirurgia in ortopedia consentono di trattare le cadute negli anziani lasciandosi alle spalle i tempi lunghi del passato. Un nuovo approccio diventerà presto lo standard in tutti gli ospedali italiani, garantendo un recupero ottimale. Ne hanno discusso i medici specialisti dell’Associazione ortopedici e traumatologi ospedalieri italiani (OTODI) in occasione del congresso annuale, il Trauma Meeting, che si è svolto a Riccione, condividendo metodi e protocolli per il trattamento di fratture nei diversi gruppi di età. Gesso, tutore, riabilitazione, intelligenza artificiale sono le parole chiave oggetto di confronto.

 

Per ora accade solo nei reparti più attrezzati, ma tra breve diventerà lo standard: chi ha 65, 70 o più anni verrà trattato in ospedale con le tecniche finora riservate ai giovani, soluzioni che consentono una guarigione più rapida.

 

“Oggi, una frattura, anche per gli over 65 e anche ben più in là” ha osservato Pietro De Biase, presidente del congresso insieme a Marco Mugnaini, Paolo Esopi, Andrea Micaglio, “è un evento spiacevole da superare in fretta per tornare efficienti come prima. Per questo è diventato anacronistico trattare le fratture e i traumi delle persone di 70 o 75 anni con i metodi finora in uso per gli anziani: cioè apparecchio gessato, immobilità prolungata che causavano rigidità articolari ed esiti insoddisfacenti”.

 

“Ormai a tutte le età la gente ha mille impegni, viaggia, fa sport, spesso lavora, e quindi ha bisogno di guarire senza perdere tempo e recuperare efficienza fisica. Questo tipo di pazienti sono ormai la maggioranza. Quindi abbiamo deciso di modificare il nostro approccio nella cosiddetta terza età. Bisogna solo adattare le tecniche chirurgiche, tenendo presente le condizioni di salute generale dei pazienti, e quelle delle ossa in particolare, che con l’età si indeboliscono. Stiamo creando dei protocolli che prevedono l’impiego di viti e piastre studiate per migliorare la stabilità e altri accorgimenti. In parte l’abbiamo già fatto, per esempio per la frattura del femore prossimale. Tra breve disporremo di una metodologia condivisa per tutti i tipi di fratture e traumi più frequenti: un documento ufficiale da cui auspicabilmente nasceranno linee guida”.

 

Quanto è superato il vecchio stereotipo del pensionato? Lo vediamo dal tipo di lesioni riscontrate. È vero che ancora, tra 65 e 75 anni, la frattura più frequente è quella del polso (100-130 uomini e 300-400 donne ogni 100.000 per anno) mentre oltre tale età prevale la frattura del femore, seguita dall’omero. Ma da qualche anno stanno aumentando i traumi articolari, che un tempo erano quasi esclusive dei giovani: in particolare il ginocchio, la caviglia e il gomito. Che sono tipiche dell’attività sportiva: andare in bicicletta o in moto, sport come il tennis o il trekking, lo sci ma a volte addirittura paracadutismo, parapendio o kite surf.

 

Secondo dati Istat, la pratica sportiva è aumentata di tre volte negli over 74, passando dal 2,6 al 7,2 della popolazione; e si sicuramente negli ultimi quattro anni è cresciuta ancora. Con la conseguenza che si sono triplicati anche gli incidenti e i traumi legati agli sport. Una frattura trattata chirurgicamente con tecniche moderne, anche negli over 65, permette un recupero pieno in un tempo che mediamente è la metà rispetto a quello dei sistemi tradizionali. Questo ragionamento vale per tutte le fratture, non solo quelle riconducibili alla pratica sportiva.

 

“La definizione ufficiale dell’Oms, secondo cui era anziana una persona di età superiore ai 65 anni ormai in geriatria appare superata” afferma lo specialista. “Le società scientifiche lungimiranti hanno proposto una classificazione diversa: dai 65 ai 75 anni si è ‘giovani anziani’; oltre i 75 anni ‘anziani’; sopra gli 85 ‘grandi anziani’ e poi centenari. Questa suddivisione deriva dal fatto che gli over 65 lavorano, viaggiano, fanno sport e hanno una vita sessuale attiva.

 

Una indagine condotta su diecimila soggetti dimostra come gli ultrasessantacinquenni oggi sono nelle condizioni in cui poteva trovarsi un 55enne quaranta anni fa. Anche una ricerca dell’Università di Goteborg ha dimostrato che i 70enni di oggi sono più attivi dei loro coetanei di 30 anni fa: ai test cognitivi e di intelligenza ottengono risultati migliori, probabilmente perchè sono più colti, più attivi e meglio curati rispetto al passato.

 

Perciò, concludono gli specialisti, basta con lunghe degenze e una lenta riabilitazione, spesso incompleta. Le cure devono mirare a una ripresa che consenta il pieno ritorno alla vita attiva. A qualunque età.