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Consumo sostenibile con prodotti a chilometri zero

Gli esperti consigliano di privilegiare i prodotti legati al territorio, rispettosi dell’andamento delle stagioni

21/08/2022
chilometri zero

Alla luce dei cambiamenti climatici siamo chiamati a un consumo responsabile delle derrate alimentari. Si fa strada il concetto di dieta sostenibile, una dieta equilibrata e salutare da declinare a livello locale riscoprendo i cibi disponibili a chilometri zero rispettando le vocazioni legate al territorio: dall’avocado e la papaia dell’America Latina alla manioca e il teff in Africa centrale, dall’olio di canola e le noci pecan in Canada al sesamo e la soia dell’Asia, fino alla noce di macadamia australiana. Dieta sostenibile è un concetto chiave: «Il legame tra cibo, energia e acqua – ha scritto Andrea Segrè, professore di politica agraria internazionale all’Università di Bologna – è tanto noto quanto sottovalutato dalle istituzioni».

 

Cambiamenti climatici

Queste considerazioni le ritroviamo anche nel dossier dell’Italian Institute for Planetary Health (IIPH), presentato da Walter Ricciardi dell’Università Cattolica di Roma assieme a Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano. Saranno anche al centro della Summer School di Motore Sanità, dedicata all’analisi degli effetti del cambiamento climatico sulla nostra alimentazione e sulla salute.

 

Salubrità e sostenibilità

In Italia l’optimum che coniuga sostenibilità e salubrità resta la dieta mediterranea. «Gli elementi che la caratterizzano – ricorda Annamaria Colao, presidente della Società Italiana di Endocrinologia – sono olio d’oliva come fonte di grassi insaturi, noci, legumi, verdure, cereali integrali, frutta fresca o secca, una quantità moderata di pesce, così come latticini, carne e vino rosso».

 

Tutela del territorio

In ogni parte del mondo si possono trovare frutti, verdure, legumi, cereali integrali e fonti di grassi insaturi con contenuti nutrizionali e caratteristiche simili a quelli della dieta mediterranea. Da qui l’idea che la dieta mediterranea possa globalizzarsi in maniera sostenibile, introducendo di volta in volta i prodotti tipici del luogo, per esempio l’avocado, la papaya, le banane verdi e le bacche di andaçaí per gli acidi grassi e i polifenoli in America Latina, che invece in Canada si potranno trovare in olio di canola e noci pecan. Prodotti subtropicali popolari come i fagioli pinto e l’okra, ricchi di fibre e proteine, sono associati a livelli ridotti di colesterolo LDL e a una minore incidenza della sindrome metabolica o di eventi cardiovascolari. Le macroalghe marine, e la spirulina sono ampiamente consumate nei Paesi orientali e rappresentano una fonte importante di polisaccaridi complessi, minerali, proteine e vitamine, con proprietà anticancro, antivirali, antiossidanti, antidiabetiche e antinfiammatorie. Gli esempi sono tantissimi, e il razionale è stato lanciato attraverso una piattaforma dedicata della Cattedra Unesco di Educazione alla Salute e allo Sviluppo Sostenibile dell’Università di Napoli.

 

Verso la guarigione

La mozione sul riconoscimento dell’obesità come malattia è stata approvata alla Camera dei deputati, e la pandemia da Covid-19, che pure ha rallentato l’iter di questa istanza, ha evidenziato la fragilità delle persone con qualche chilo di troppo. Da qui la lettera dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete inviata alle istituzioni per promuovere il riconoscimento dell’obesità come malattia cronica, così da inserire le terapie, quelle più accreditate, nei livelli essenziali di assistenza (oggi viene rimborsata solo la chirurgia bariatrica). Sovrappeso, diabete e obesità mettono in modo altre malattie con effetto a cascata e un impatto ormai insostenibile sul sistema sanitario.