Martedì 15 Ottobre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Uso delle armi in Russia. Il Parlamento Ue approva. Ma gli italiani votano no

La nostra delegazione si spacca, pochi per l’allentamento delle restrizioni. Mosca minaccia l’Unione. E intanto Zelensky volerà negli Usa da Biden e Harris.

Roma, 20 settembre 2024 – Mal comune mezzo gaudio. Quando si arriva all’Ucraina, anzi alle guerre, tema centrale della politica mondiale, i due poli scoppiano. E l’unica consolazione è sapere che la controparte non sta messa meglio. Ma questo solo se si guardano le coalizioni dove la simmetria è perfetta, se invece si passa ai singoli partiti ce n’è uno che sta peggio degli altri: il Pd. Non si divide in due ma in una miriade di frammenti. Occasione per confermare di nuovo l’amara realtà è il voto di ieri al Parlamento europeo sulla risoluzione a favore degli aiuti militari, sociali, civili a Kiev. La maggioranza si divide: FdI e FI la votano, la Lega si defila e vota contro. "È una mozione che non impegna", minimizzano a Palazzo Chigi. Al centrosinistra pare poco e si spacca in tre. I cinquestelle, coerenti con il voto in Italia, si schierano contro come fa Avs. Il Pd a favore ma con due astenuti, Tarquinio e Strada. Divisi su tutto, i due poli ritrovano la compattezza quando si arriva al vero punto dolente, l’articolo 8 che invita i governi a tornare sulla decisione di eliminare le restrizioni che impediscono a Kiev di colpire in territorio russo. I governi, si sa, non ci pensano per niente e non li smuoverà una risoluzione non vincolante, che però ha un suo significato per verificare lo stato delle posizioni nei partiti. L’Italia è unita, o quasi. Perché tre forzisti (Falcone, Salini, Princi) votano a favore, malgrado il leader nonchè ministro degli Esteri, Antonio Tajani, avesse poco prima confermato la linea contraria del governo. Dirompente il caso del Pd: Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, annuncia il sì e altrettanto fa Elisabetta Gualmini.

Quanto all’astensione di Annunziata, giurano i democratici che è stato un errore. Certo, non passano inosservate le molte assenze nel Pd. Non è detto che si tratti di dissensi mascherati: in un caso, però, è conclamato. L’ex sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, fa sapere che se non fosse stato trattenuto da impegni istituzionali, avrebbe votato per la revoca. Il fenomeno non è solo italiano, basti dire che persino i Patrioti, considerati la quinta colonna dello zar, si dividono in tre: chi a favore, chi contro chi si astiene. La sinistra non è da meno: ci sono favorevoli (nordici, baltici e la tedesca Carola Rackete), astenuti come France Insoumise, contrari come M5s e Salis.

La risoluzione complessiva passa a larga maggioranza. Passa anche, con minor margine, l’articolo della discordia, ma si può scommettere che i governi non si adegueranno al bellicoso invito, frenati dal timore di imbarcarsi in un’avventura che potrebbe diventare esplosiva. Monta l’ira russa. "Le richieste dell’Eurocamera conducono verso una guerra mondiale con armi nucleari", dichiara il presidente della Duma Viaceslav Volodin. C’è una contraddizione: da un lato, gli stati europei esortano Kiev a combattere, dall’altro pretendono lo faccia con le mani legate. Fino a quando reggerà questa ambiguità?

Per la risposta bisogna aspettare il 6 novembre. Se alla Casa Bianca ci sarà Trump o Harris cambierà davvero tutto, e proprio nella Casa Bianca entrerà il 26 settembre il leader ucraino Volodymyr Zelensky per incontrare, separatamente, il presidente Joe Biden e la sua vice, nonché candidata democratica, Harris. Oggi, a Kiev, vedrà invece la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.