Mercoledì 9 Ottobre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

L’ex ministro Quagliariello: "Se cade il capo del Governo l’unica strada è il voto"

Titolare delle Riforme con Letta: quello scelto non è il sistema più utile al Paese. “Sarebbe stato meglio puntare sul semi-presidenzialismo alla francese”. E sulla norma anti-ribaltone avverte: a volte, è preferibile non inventare

Gaetano Quagliariello

Gaetano Quagliariello

“Ho seri dubbi che il premierato di Giorgia Meloni possa funzionare". Parola di uno che sa di cosa parla: Gaetano Quagliariello, ex ministro delle Riforme nonché tra gli esperti nominati da Napolitano con il compito di indicare la strada per rinnovare le istituzioni, ora presidente della Fondazione Magna Carta.

Per quale motivo questa riforma non la convince?

"Le qualità di un sistema istituzionale sono due: equilibrio e flessibilità. Da un lato, ci deve essere un bilanciamento dei poteri e dall’altro il sistema deve essere come il diamante, valere cioè per sempre. Dunque, deve essere elastico".

Perché il premierato non ha queste due qualità?

"Si è avuta la preoccupazione di non toccare i poteri del presidente della Repubblica: questi non sono stati assegnati al premier, ma il capo dello Stato potrà esercitarli più difficilmente di quanto possa fare oggi. D’altra parte, ho l’impressione che la facoltà di cambiare il premier una volta non funzioni. Il sostituto del premier diventa più forte di quello eletto: il primo può essere cambiato, il secondo no".

Boccia il cuore della riforma: la norma anti-ribaltone.

"Non bisogna seguire gli esempi in maniera pedissequa, ma neanche inventare. La sola norma anti-ribaltone è la possibilità del premier di chiedere lo scioglimento del Parlamento ed ottenerlo a certe condizioni".

La sostituzione in sé del premier perché non garantisce flessibilità?

"La vera elezione diretta del premier c’è in Inghilterra, ma è mediata dal fatto che lì c’è il bipartitismo, non il bipolarismo. Si elegge il premier dando forza al suo partito, e il partito parlamentare può sempre sostituirlo: anche una leader di ferro come Thatcher ha dovuto cedere alla flessibilità del sistema. Se l’elezione è immediata come nella riforma del governo, questo meccanismo non funziona".

Ha parlato dell’indebolimento della figura del capo dello Stato: per molti anche il Parlamento ne esce sminuito.

"Il Parlamento attuale già conta poco. Non mi sentirei di dire che la riforma gli toglie ulteriori prerogative".

E sulla legge elettorale? Vede problemi in prospettiva?

"Sulla legge elettorale ci sono le sentenze della Corte costituzionale alle quali sottostare. Fermo restando che la soglia minima per accedere al premio di maggioranza rischia una mobilitazione di tutti gli avversari del premier non al fine di vincere le elezioni, ma per non fargli raggiungere quella soglia. Così fu fatto fuori Alcide De Gasperi nel 1953...Vedremo: i veri nodi aggrovigliati, però, stanno nella riforma. Capisco le intenzioni di chi l’ha scritta, e cioè introdurre l’elezione diretta senza per questo essere accusato di deriva plebiscitaria, ma avrebbe dovuto cercare in altra direzione".

In quale direzione?

"Verso un sistema istituzionale che funzioni: ci sono due soluzioni. O uno ha il coraggio di adottare il semi-presidenzialismo sul modello francese di De Gaulle, in cui il presidente era eletto per 7 anni ed era un garante con un primo ministro davvero tale, ampliando contemporaneamente i poteri del Parlamento. Oppure l’altra strada per evitare i ribaltoni è assegnare al premier la possibilità di essere investito direttamente dal Parlamento (con voto separato rispetto al governo), la facoltà di nominare e revocare i ministri e quella di domandare e, a certe condizioni, di ottenere lo scioglimento delle Camere. Sistema più semplice ma più equilibrato e flessibile. Nel primo caso, si sarebbero seguite le orme della Francia, nell’altro quelle di Gran Bretagna, Svezia, Germania, Spagna".

Si può ’aggiustare’ questa riforma oppure no?

"Nei panni della maggioranza, salverei i presupposti della riforma: dare più forza all’esecutivo e alla volontà popolare, e aprirei un dialogo con la minoranza".

Come dovrebbero porsi governo e maggioranza nei confronti dell’opposizione?

"Io farei così: ’Avete detto che così non funziona, siete disponibili a prendere in considerazione un vero semi-presidenzialismo o una vera razionalizzazione del sistema?’ Se non fossero disponibili, il centrodestra potrebbe replicare che dicono no a tutto. A quel punto, potrebbe andare per conto suo, optando per uno dei due modelli".