Venerdì 3 Maggio 2024

Piattaforma Rousseau, l'oracolo della rete tra intoppi e opacità

Il 4 aprile il Garante per la Privacy ha comminato una multa di 50 mila euro alla piattaforma, in virtù dell’accertata mancanza di sicurezza nella cura dei dati personali (e dei voti) degli iscritti.

Alessandro Di Battista, Davide Casaleggio, Beppe Grillo e Luigi Di Maio (Facebook)

Alessandro Di Battista, Davide Casaleggio, Beppe Grillo e Luigi Di Maio (Facebook)

Roma, 29 agosto 2019 - Era stato pensato per coinvolgere gli iscritti nel processo parlamentare, per essere la base della famosa democrazia diretta vagheggiata dallo scomparso fondatore del Movimento, Gianroberto Casaleggio. Poi è diventata qualcos’altro, una scappatoia da usare quando le decisioni, per i leader del M5s, sono rischiose sul piano politico o della credibilità. È la piattaforma Rousseau, lo strumento lanciato dal Movimento nel 2016, la cui proprietà e gestione sono in mano all’Associazione Rousseau, che ha sede allo stesso indirizzo della Casaleggio Associati, oggi guidata dal figlio di Gianroberto, Davide, con tre soci, Massimo Bugani, Pietro Dettori e Enrica Sabatini. La piattaforma, però, mostra spesso limiti tecnologici e di sicurezza che il 4 aprile scorso hanno spinto il Garante per la Privacy a comminare una multa di 50 mila euro in virtù dell’accertata mancanza di sicurezza nella cura dei dati personali (e dei voti) degli iscritti.

L’ultima votazione su Rousseau risale a febbraio 2019. Oggetto del contendere: l’autorizzazione a procedere (negata) chiesta dal tribunale dei ministri per Matteo Salvini nel caso Diciotti. Iniziò con un’ora di ritardo e finì con una proroga di un’ora e mezzo "considerata l’alta partecipazione". Un vero caos caratterizzò invece, nel gennaio 2018, le parlamentarie per la scelta dei candidati alle politiche nelle liste proporzionali. In quell’occasione, al secondo giorno di votazioni, non mancarono le difficoltà tecniche e le proteste degli utenti. E si parlò di "sistema di voto in tilt" per il gran numero di blocchi. Altro tema: la mancata certificazione del voto, in assenza di un ente terzo di controllo che ne verifichi la correttezza. Il M5s ha commissionato la certificazione sul web soltanto due volte: in occasione delle Quirinarie 2013 e per la votazione del "Non Statuto" nel 2016. In entrambi i casi furono pubblicati, in grassetto sul blog, nome e relazione della società terza di controllo (Dnv) che certificava il voto.

In tutti gli altri casi (oltre 70) il voto non è stato certificato. Quindi, tecnicamente, questi voti potrebbero essere stati suscettibili di manomissione. L’Associazione Rousseau, tuttavia, è ricca; nel 2018 ha incassato 1,24 milioni di euro, tra i quali spiccano i 699.844 euro provenienti dai parlamentari M5S, obbligati da questa legislatura a versare 300 euro al mese alla ‘cassaforte’ del Movimento.