Venerdì 8 Novembre 2024
ELENA G. POLIDORI
Politica

Governo, Tria minaccia le dimissioni. Scontro con Salvini e Di Maio

Nomine per le partecipate: salta il vertice convocato da Conte

Giuseppe Conte e Giovanni Tria (Ansa)

Giuseppe Conte e Giovanni Tria (Ansa)

Roma, 20 luglio 2018 - Sulle nomine il governo non fa progressi. Una riunione era stata convocata per il pomeriggio di ieri a Palazzo Chigi, un vertice Di Maio-Salvini-Conte, presente il ministro del Tesoro, Giovanni Tria, ma poi è stata prontamente sconvocata. Un segnale che la quadra sulle nomine ancora non c’è. Manca l’intesa non solo su Cassa Depositi e Prestiti, ma anche su Rai e Fs e nonostante i toni rassicuranti che sono stati fatti sapientemente trapelare da Palazzo Chigi, la tensione tra gli attori in campo sarebbe altissima. Nel tardo pomeriggio di ieri, a parlare con il premier Conte è salito solo il ministro Tria che, a quanto sostengono voci vicine al Mef, avrebbe addirittura minacciato le dimissioni davanti all’ennesimo muro eretto da Di Maio e Salvini sul nome di Scannapieco, il tecnico della Bei, che il titolare del dicastero di via XX settembre vorrebbe sulla sedia di ad della Cassa, con tanto di benedizione di Mattarella. Tensione alle stelle che un viceministro stellato, dopo il colloquio con il premier, ha commentato così: «Se Tria pensa di farci paura con un’impennata dello spread in caso di sue dimissioni, si sbaglia di grosso». Ma il titolare del Tesoro non molla e anzi, insiste chiedendo per il suo tecnico le deleghe più pesanti. Nel Carroccio c’è stato persino chi ha addirittura ipotizzato un blitz in consiglio dei ministri per scavalcare il volere di Tria, idea poi disinnescata - pare - dai 5 stelle che non vogliono terremoti nel governo con un mandante alla luce del sole. Anche perché sul tavolo balla anche il ruolo del direttore generale del Tesoro, dove Tria vuole Alessandro Rivera, già vice dell’ex direttore Vincenzo La Via, mentre i pentastellati spingono per Marcello Minenna, ex assessore a Roma.

Uno stallo che, invece, il premier Conte ha raccontato ieri in modo molto più soft: «Il problema non è se ci sono divergenze sulle nomine: la Cdp è uno strumento chiave per la politica nazionale ha un rilievo strategico e quindi ci stiamo riflettendo bene per non sbagliare». La sconvocazione del vertice di ieri, tuttavia, dimostra che questa procedura è del tutto saltata. E su questo fanno fede soprattutto le parole del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che ha addirittura negato di saperne qualcosa del vertice sulle nomine: «Non sapevo che fosse stato convocato, non so neanche che sia stato sconvocato». E a chi gli ha chiesto quali siano i nomi su cui si sta ragionando per Cdp, ha risposto brusco: "Non seguo io il dossier.

Ora la prossima scandenza resta quella fissata per il 24 luglio, quando tornerà a riunirsi l’assemblea dei soci di Cdp perché sempre martedì il ministro dell’Economia tornerà dal G20 di Buenos Aires, e il consiglio dei ministri potrebbe anche chiudere la partita Rai. All’appello mancano ormai solo i nomi dei due consiglieri espressione della presidenza del Consiglio e del Tesoro (ieri è stato eletto Riccardo Laganà per i dipendenti) ma anche su questo l’intesa non c’è; i 5 stelle reclamano l’ad di viale Mazzini. Ieri fonti Rai facevano il nome di Raffaele Annechino, vice presidente di Viacom, oppure la soluzione interna con Gian Paolo Tagliavia, responsabile di Rai Play e Ad di RaiCom (ma vicino a Renzi). La Lega – se otterà la guida di Cdp – chiederà invece la presidenza di viale Mazzini per Giovanna Bianchi Clerici, già consigliere Rai ai tempi della Lega di Bossi (non proprio un viatico) e ora all’Authority sulla Privacy. Ma la partita, a quanto sembra, è ancora tutta da giocare.

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