Roma, 5 giugno 2023 – Ancora una settimana di passione, poi Elly Schlein dovrà affrontare la Direzione nazionale di un Partito democratico già in affanno per il deludente risultato delle Comunali e ancor più in fibrillazione per l’accalcarsi di candidature in vista delle prossime Europee del 9 giugno 2024.
Frattanto ieri da Bologna la segretaria dem ha rinnovato la richiesta al governo di accelerare le procedure per affrontare l’emergenza post-alluvione: "A partire dal commissario (nella persona del governatore Stefano Bonaccini, ndr) su cui più volte abbiamo chiesto al governo di fare in fretta".
Complici i ballottaggi in Sicilia e Sardegna dell’11 e 12 giugno prossimi, l’avvio della discussione interna al Pd dovrebbe invece essere rimandato alla settimana successiva. Anche se il dibattito si è ormai ampiamente aperto a mezzo stampa.
Domani, intanto, dovrebbero essere convocati i gruppi parlamentari per il completamento degli uffici di presidenza. Un appuntamento già in programma nelle scorse settimane, ma rinviato a causa dell’alluvione in Romagna, e tutt’altro che irrilevante. Nonostante l’acclamazione dei capigruppo proposti dalla segretaria – Francesco Boccia a Palazzo Madama e Chiara Braga a Montecitorio –, i gruppi avevano mal digerito le modalità di proposte anticipate sui media prima di essere sottoposte al loro vaglio. Occorre infatti considerare che nei gruppi la segretaria non riscuote un largo consenso, con quello del Senato che è stato la centrale operativa romana della mozione a favore dello sfidante Stefano Bonaccini.
Dopo la deludente prova elettorale diventa difficile per Schlein guadagnare ulteriori posizioni. Specialmente a Montecitorio si dice che la segretaria avrebbe ingaggiato un braccio di ferro per escludere Piero De Luca, figlio del governatore Vincenzo, dalle vicepresidenze. Ma nella loro autonomia il gruppo sembra orientato a deludere tale desiderio. I vice-capigruppo saranno due, tutti delle minoranze, o forse quattro, dando così un posto anche alla maggioranza. In lizza a Montecitorio ci sono appunto De Luca, Simona Bonafè per Base Riformista e il bonacciniano Andrea De Maria. A palazzo Madama, invece, si parla di Beatrice Lorenzin e Franco Mirabelli per Area dem di Letta e Franceschini, ma anche Antonio Nicita per i neoulivisti ex bonacciniani.
In attesa della Direzione che dovrà puntualizzare la linea d’azione del Pd, nel partito si guarda già alla scadenza delle Europee. L’impietoso timing, del resto, è già stato fissato dagli stessi quadri e dirigenti che han sostenuto la segretaria, oltre che dai suoi detrattori: compresa la soglia del 22,7% (e 19 seggi) necessaria a non mettere in discussione la leadership. Si tratta infatti della percentuale raggiunta nel 2019 dal Pd ereditato da Nicola Zingaretti nel momento forse più buio della sua storia. Soglia non così peregrina, considerato il declino dei 5 Stelle.
Proprio il nome di Zingaretti è uno di quelli che maggiormente anima la discussione sulle candidature, che affollano soprattutto la circoscrizione Centro. Insieme all’ex governatore del Lazio sono infatti in lizza per un posto anche i sindaci di Firenze, Dario Nardella, e Pesaro, Matteo Ricci. Tutti aspiranti capilista. E che potrebbero essere efficacemente arginati mettendo in campo il commissario Paolo Gentiloni in modo che poi se la vedano con le preferenze (nel 2019 l’ultimo degli eletti superava le 70 mila), a vantaggio di tutto il partito.
Al tradizionale buen (remunerato) ritiro europeo guardano anche il sindaco uscente di Bergamo Giorgio Gori per la circoscrizione Nord-Ovest, il governatore emiliano-romagnolo Bonaccini per quella Nord-Est e il presidente della Puglia Michele Emiliano per il Sud (dove si dice che Schlein vorrebbe invece puntare su Lucia Annunziata). Ma se le Europee saranno un test proporzionale, sarà poi alle Regionali 2025 che si gioca la partita col centrodestra. Non a caso la Lega vorrebbe nominare da Roma il commissario alla ricostruzione per il dopo-alluvione con un occhio alla sfida per conquistare l’Emilia-Romagna.