Mercoledì 8 Maggio 2024

Nuoto

La Divina prepara l’ennesima impresa. Comunque vada, sarà un Oscar alla carriera

di Leo Turrini

Meglio dire subito la verità. Se riuscisse a qualificarsi per la finale dei 200 stile libero, Federica Pellegrini avrebbe già vinto la scommessa. Non si tratta di giocare al ribasso. Mai, nella storia del nuoto, una donna ha disputato per cinque volte la gara valida per l’assegnazione delle medaglie. Inoltre occorre tener presente, al di là delle suggestioni anagrafiche, la consistenza di una concorrenza che è venuta moltiplicandosi nell’ultimo periodo. Dalla americana Ledecky alle australiane, generazioni freschissime stanno imponendo ritmi nuovi alla specialità.

In fondo, la grandezza di Federica sta già nella presenza, nella continuità incredibile ai vertici di uno sport come il nuoto. Per capirci, una ragazzina oggi vicina agli esami di maturità era appena nata quando la Divina era già vasca, ad Atene.

Correva l’anno 2004 e una sconosciuta minorenne stupì il mondo, strappando il biglietto per la finale dei 200 stile libero con tanto di record mondiale. Sì, l’adolescente Pellegrini dovete poi accontentarsi della medaglia d’argento, ma quello fu il primo capitolo del romanzo infinito, una storia che promette di riservare ancora colpi di scena.

Nel 2008 a Pechino ci fu la consacrazione, un capolavoro frutto anche di una reazione di orgoglio all’amarezza patita su una distanza mai completamente amata dalla fuoriclasse veneta, i 400 stile libero.

Eppure, proprio lì, nel passaggio breve tra la sconfitta e il trionfo, fu chiaro che Federica appartenevano a quella ristretta cerchia dei campionissimi, soggetti, non importa se declinati al maschile o al femminile, in grado di trovare sempre, in un angolo di cuore, le risorse indispensabili per ribaltare qualunque situazione.

Dopo, a Londra e a Rio, Fede ha conosciuto sconfitte brucianti, proprio perché esiste in lei e fa parte della sua personalità il rifiuto dell’esito negativo. Al tempo stesso, il Dna dell’eroina dello sport contempla il rischio del kappao. L’importante è che non si trasformi in resa.

Ecco, Federica Pellegrini non si è mai arresa. Neanche al Covid. Nemmeno al doloroso rinvio di un anno della Olimpiade, non semplice da gestire per chi agonisticamente tanto giovane non è. Il felice connubio con l’allenatore Matteo Giunta le ha restituito stimoli che non potevano essere andati smarriti. La clamorosa conquista di altri due titoli mondiali, sempre sui 200 stile libero, ha rimosso le scorie della tristezza brasiliana di Rio del 2016, contribuendo ad allungare la carriera della campionessa.

È passata una vita. Federica ha cambiato allenatori, ha acquisito una dimensione da star mediatica, ha intelligentemente cercato di difendere la sua dimensione privata. Ed e’ ancora lì, in vasca, a Tokyo.

Applauditela, qualunque sia l’ultima scena del suo film.