
CREATIVITÀ . COMPUTAZIONALE
Viviamo l’era dell’Intelligenza Artificiale, l’ormai nota IA, che sembra destinata a dominare il futuro e persino il presente.
Ma c’è un’altra parolina che sembra la stessa cosa ma che in realtà abbraccia altri percorsi, che è la “creatività computazionale“, o anche creatività artificiale.
Gli obiettivi dichiarati di tale disciplina possono essere riassunti così: progettare algoritmi (o macchine) che mostrino un livello di creatività paragonabile a quello umano,
formalizzare i processi creativi umani e animali,
aumentare la creatività umana con mezzi artificiali.
Da questo punto di vista, può essere considerato un campo inter-disciplinare, con contributi dall’intelligenza artificiale, dalla psicologia cognitiva, dalla neurologia, dalla filosofia e dalle discipline artistiche.
In campo musicale, uno degli esperimenti più longevi di creatività computazionale è il software Experiments on Musical Intelligence (Emi), sviluppato da David Cope a partire dal 1981. Emi è capace di analizzare il repertorio musicale di un artista, e di generalizzare a partire da esso, componendo melodie originali sullo stesso stile, in grado di ingannare umani anche esperti. In maniera simile, il software GenJam è in grado di ascoltare una melodia jazz e, oltre a usarla come base per una nuova melodia, può partecipare a sessioni di improvvisazione in coppia con l’autore.
Come dire, tutt’altra musica!
A cura di Olga Mugnaini