Niente più pesce fresco in tavola, da oggi è scattato lo stop alla pesca in Adriatico. Il 'fermo pesca', che porta al blocco delle attività della flotta italiana lungo l'Adriatico, è scattato, come ha comunicato Coldiretti Impresapesca, da oggi e bloccherà le attività dei pescherecci dal Friulie dal Veneto lungo l'Emilia Romagna fino a parte delle Marche e della Puglia. Lo stop inizialmente varrà infatti - spiega la Coldiretti - da Trieste ad Ancona (dove si tornerà in mare il 5 settembre) e da Bari a Manfredonia (rientro previsto il 29 agosto), mentre lungo l'Adriatico nel tratto centrale da San Benedetto e Termoli le attività si fermeranno il 16 agosto (fino al 16 settembre). Per quanto riguarda il Tirreno il blocco scatterà da Brindisi a Napoli dal 6 settembre al 5 ottobre. Il 4 ottobre partirà, invece, il fermo da Livorno a Imperia mentre per Sicilia e Sardegna l'interruzione delle attività sarà, infine, fissata su indicazione delle Regioni mentre da Gaeta a Civitavecchia è stato effettuato dal 12 giugno all'11 luglio.
Coldiretti: "Giornate in mare scese a 140 giorni"
"Come lo scorso anno - spiega Coldiretti Impresapesca - in aggiunta ai periodi di fermo fissati i pescherecci dovranno effettuare ulteriori giorni di blocco che vanno da 7 a 17 giorni a seconda della zona di pesca e del tipo di risorsa pescata. Il fermo cade quest'anno in un momento difficile - denuncia Coldiretti Impresapesca - poiché il blocco dell'attività va a sommarsi all'aumento drastico della riduzione delle giornate di pesca imposta dalla normativa europea, per le imbarcazioni operanti a strascico. Le giornate di effettiva operatività a mare sono scese per i segmenti di flotta di maggiore tonnellaggio, a circa 140 all'anno, rendendo non più sostenibile l'attività di pesca considerata anche l'assenza di un efficace sistema di ammortizzatori e di valide politiche di mercato capaci di compensare le interruzioni. L'assetto del fermo pesca 2021 non risponde ancora alle esigenze delle aziende le quali si trovano ancora costrette a concentrare un attività che deve sostenere l'impresa di pesca per 365 giorni in appena 140-170. Per compensare tali drastiche riduzioni - afferma Coldiretti - il settore avrebbe bisogno di scegliere autonomamente quando operare e quando fermarsi in base alle condizioni di mercato, alle necessità di manutenzione delle barche o alle ferie del personale. La rigidità del fermo attuale, peraltro, continua a non rispondere alle esigenze della sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale, tanto che lo stato delle risorse nei 35 anni di fermo pesca, per alcune specie, è progressivamente peggiorato, come anche parallelamente lo stato economico delle imprese e dei redditi dei lavoratori. Alle problematiche strutturali del settore si aggiungono quelle causate dalla pandemia - continua la Coldiretti - con un crack da 500 milioni di euro tra produzione invenduta, crollo dei prezzi e chiusura dei ristoranti, senza dimenticare l'aggravio di costi per garantire il rispetto delle misure di distanziamento e sicurezza a bordo delle imbarcazioni. Se si considerano anche gli effetti combinati del surriscaldamento i cambiamenti climatici, delle importazioni selvagge di prodotto straniero e di una burocrazia sempre più asfissiante, il risultato - spiega Coldiretti Impresapesca - è la perdita nello spazio di un trentennio del 33% delle imprese e di 18.000 posti di lavoro, con la flotta ridotta ad appena 12mila unità e con una vetusta età media del naviglio di circa 36 anni".