Giovedì 10 Ottobre 2024
ARISTIDE MALNATI
Magazine

Sepolta con spada e specchio: era un’Amazzone

La scoperta nel cuore delle isole Scilly, in Gran Bretagna: nella necropoli del 400-500 a.C. trovati i resti di una giovane guerriera

Sepolta con spada e specchio: era un’Amazzone

Sepolta con spada e specchio: era un’Amazzone

di Aristide Malnati

Il mito delle Amazzoni, le invincibili donne-guerriero del mito greco, che solo la forza leggendaria di Ercole al termine di una delle sue più improbe fatiche riuscì a sconfiggere, potrebbe rivivere, ricevendo conferme storiche sempre più numerose di una prassi diffusa. Una testimonianza decisiva giunge da un recente e importante studio scientifico relativo a una scoperta archeologica di oltre 20 anni fa su un sito nel cuore delle isole Scilly (o Sorlinghe), un arcipelago a 45 km dalla punta sud-occidentale dell’Inghilterra, in Cornovaglia.

Qui a partire dal 500-400 a. C. per alcuni secoli risiedettero gruppi umani organizzati, probabilmente alcune tribù del popolo dei britanni, che poi attorno al 55-54 a. C. furono sconfitti da Giulio Cesare grazie a due spedizioni e che dal 43 al 410 d. C. fecero parte dell’Impero romano (il confine a nord con la Caledonia era segnato dal Vallo di Adriano, una roccaforte difensiva fatta costruire dell’Imperatore attorno al 125 d. C. nella regione vicino all’attuale città di Newcastle). E qui, in una necropoli destinata soprattutto alle élites dell’esercito locale, nel 1999 gli archeologi hanno recuperato i miseri resti di un corpo di un soldato – probabilmente un militare scelto – caduto in combattimento, con al suo fianco la spada, lo scudo, ma anche, sorprendentemente, uno specchietto per il trucco, su cui fin da subito si interrogarono gli esperti.

Ebbene, gli studi recenti del Dna di quel che restava del cadavere (solo con tecniche recentissime si possono ricavare risposte da brandelli dallo scarso contenuto organico, in questo caso dallo smalto dei denti ancora in ottimo stato e curatissimi) hanno svelato l’arcano: il soldato in questione era una donna, dalla corporatura atletica e di giovane età.

Lo scudo e la spada erano di un certo peso e maneggiarli con abilità richiedeva forza e agilità non comuni: il fatto che questi manufatti siano stati seppelliti a fianco del loro possessore significava che ne furono strumenti di lavoro; viene in mente Archiloco, poeta lirico e soldato mercenario greco del VII secolo a. C., che non si separava mai dalle proprie armi per lui fondamentale fonte di sussistenza (lo dice in celebri sue odi). E lo specchio?

Aveva una sorprendente duplice funzione, decisamente geniale. Da una parte ottemperava al vezzo, già all’epoca spiccato, di truccarsi un minimo per presentarsi sul luogo del lavoro (in questo caso il campo di battaglia!) debitamente in ordine. Ma la seconda funzione era forse più importante: comunicare secondo un antico codice cifrato con altri colleghi, soldati evidentemente anch’essi forniti di superfici riflettenti, per segnalare imminenti pericoli di nemici che si stavano avvicinando (magari proprio i “milites” delle legioni di Cesare).

Non è la prima sepoltura di donne dell’antichità impegnate in combattimenti, anche con funzioni delicate e ruoli di vertice; un certo numero di esempi li troviamo soprattutto nella Grecia classica e nelle città italiche della Magna Grecia. Provenivano tutte da famiglie aristocratiche e questo ne spiega l’educazione militare; ma il motivo principale era quello di poter disporre di truppe scelte e coese, abili nell’utilizzo di armi all’avanguardia, che potavano fornire un appoggio talvolta decisivo al grosso dell’esercito formato dai maschi.

Una prassi riscontrata più volte soprattutto nelle piccole comunità, come le “pòleis” (città-stato) greche e come in gruppi distaccati del loro popolo (come quello delle isole Scilly), dove il numero dei maschi arruolabili non era così elevato e necessitava di un’integrazione tutta al femminile.