Cannes, 18 maggio 2024 – Nel film di Paul Schrader “Oh, Canada”, in concorso a Cannes, Richard Gere interpreta un vecchio regista, minato dalla malattia, che racconta la sua vita ad una troupe che sta girando un documentario su di lui. E mentre la giovane assistente lo sta microfonando, avvicinandosi a lui, si chiede “Sentirà l’odore dei medicinali che prendo? E quello delle feci secche? Il mio odore di vecchio?”.
Il film va avanti così, con quest’uomo che fruga impietosamente nei propri ricordi, alternando momenti di lucidità e altri di confusione mentale. Impietoso con tutti, e soprattutto con se stesso, con il proprio passato, pronto a demolire la propria immagine di uomo coraggioso, di regista controcorrente. Senza farsi illusioni su ciò che è stato, e impietoso anche verso quella troupe che gli punta una telecamera addosso, col regista che lo riempie di complimenti ma, lo si vede bene, è lì solo per succhiargli il sangue, i suoi sospiri estremi, i suoi ultimi ricordi. Il film di Paul Schrader, che è lo sceneggiatore di "Taxi Driver”, il regista di “Mishima” e l’autore di libri straordinari sul cinema, è una riflessione sulla morte, sulla vecchiaia, su come ciascuno di noi ripercorre la propria vita. Sulle scelte che si fanno, e più ancora su quelle che non si fanno: su come la vita ci trascina. A un certo punto, sembra un “Quarto potere” di Orson Welles, ma girato al contrario: non siamo noi che cerchiamo di capire chi è il protagonista, infilandoci in un labirinto di ipotesi, ma il protagonista che sembra non capire più chi è stato, perduto in quello stesso labirinto.
Ci voleva un grande regista, per dare corpo a questo mosaico di verità e illusioni, e Paul Schrader si dimostra tale, una volta di più, mescolando stili, immagini ben composte e altre disturbanti, per rendere lo stato d’animo del protagonista. E serviva un grande attore. E Richard Gere dà vita a una delle prove più straordinarie della sua carriera. Con la barba lunga, le rughe sul collo, lo sguardo acquoso. Con i capelli pasticciati, le cispe. E poi, in qualche flashback, di nuovo con i tratti del seduttore che gli conosciamo.
Per interpretare questa parte, Gere ha iniziato a lavorare al film sei mesi dopo aver perduto il padre, scomparso a cento anni, dopo che negli ultimi tempi era stato proprio Gere a prenderselo in cura. Un’esperienza che, dice Gere, ha influenzato molto il suo approccio al film. "Tutto è entrato in risonanza con il viaggio emotivo fatto con mio padre, che stava per arrivare a 101 anni quando è scomparso”, dice Gere, oggi 74enne. Sull’incontro, o meglio il rinnovato incontro con Schrader, con il quale aveva lavorato quarant’anni fa per “American Gigolò”, dice: “Mi ha chiamato, all’improvviso, e mi ha detto: ‘Guarda, ho questo copione, che per me significa molto, e voglio che sia tu a farlo’. Abbiamo iniziato a parlarne, e poi mi sono tuffato nel progetto”. “Ognuno ha dei segreti, anche se crediamo di essere molto aperti, molto franchi”, dice Gere. “A una certa età, vuoi chiudere il cerchio e purificarti, specialmente con le persone che ti sono più care. Mi piaceva il fatto che questo personaggio sentisse il bisogno di chiudere i conti con la sua vita, e che di fronte alla telecamera vuole essere il più onesto possibile”.
Il film è basato sul romanzo "Foregone” di Russell Banks, amico e collaboratore di Schrader, che trasse da un suo romanzo il film “Affliction” con Nick Nolte. Banks, scomparso l’anno scorso, aveva scritto un film sulla malattia e la morte quando era in salute. Poi si è ammalato quasi nello stesso modo che descrive nel libro. Gere torna sul tema principale del film, l’onestà con se stessi. “Puoi essere onesto, completamente onesto, solo quando butti completamente via il tuo ego o ogni idea preconcetta di te stesso”, dice Gere. “E io non posso dire se il mio personaggio è totalmente onesto in questo film, ma almeno ci prova”. Jacob Elordi – sex symbol di questi anni, come lo era a suo tempo il giovane Gere - interpreta il giovane Richard Gere, nel film."Prima di girare, non abbiamo parlato dei nostri personaggi. Voleva solo vedermi, e capire che cosa avrei fatto io, per capire meglio che cosa avrebbe fatto lui nei flashback. Abbiamo girato solo una scena nella quale siamo presenti contemporaneamente, ed è per pochissimo tempo: io entro nell’inquadratura e lui ne esce. Ma ho pensato che fosse meravigliosa, nel film, e mi sono emozionato quando l’ho vista nel film”.