Martedì 30 Aprile 2024

"Non cerchiamo i colpevoli" Bellocchio riporta il caso Moro in tv

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di Beatrice Bertuccioli

Una vicenda tragica che ha segnato la storia del Paese e che aveva già raccontato, ma da una prospettiva diversa, nel film Buongiorno, notte (2013). Marco Bellocchio torna a occuparsi del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro nella serie tv Esterno notte, la prima per il regista de I pugni in tasca, già presentata con successo a Cannes, vincitrice di vari premi, e in onda in prima serata su Raiuno il 14, 15 e 17 novembre, con Fabrizio Gifuni straordinario protagonista nel ruolo dello statista democristiano, Margherita Buy in quello della moglie Eleonora Chiavarelli, Toni Servillo in quello di Paolo VI e Fausto Russo Alesi in quello dell’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga.

"Nessun atteggiamento tribunalizio, nessuna volontà di fare i conti con questa vicenda – afferma Bellocchio – attribuendo colpe a questo o a quello. L’intento non è scoprire segreti. Il fatto è che questa tragedia ci fa ancora palpitare, ci coinvolge con una passione ancora maggiore che in passato".

Se nel film del 2003 lo sguardo era tutto concentrato sulla prigionia di Moro, nella serie si sposta all’esterno e racconta come vissero quei 55 giorni del sequestro, dal 16 marzo al 9 maggio 1978, i familiari di Moro, i politici, a cominciare da Cossiga e Andreotti, il papa Paolo VI, le forze dell’ordine e anche i brigatisti, sia quelli in libertà sia quelli in galera. Come sottolinea Gifuni: "In questa serie non c’è un solo punto di vista ma ci sono molti punti di vista, stati d’animo di tanti personaggi diversi, e questo permette allo spettatore di entrare in questa storia empaticamente, abbandonandosi a un’emozione pura senza lo schermo dell’ideologia".

Prosegue Gifuni, che ha interpretato Moro anche a teatro: "Sono tanti anni che, per scelta o per fatalità, ho incontrato attraverso il mio lavoro questa figura così importante della storia del nostro Paese e l’ho fatto non soltanto per una passione civile ma perché penso che tornare a raccontare questa storia sia soprattutto cercare di capire cosa abbia a che fare con noi oggi. Non è soltanto memoria di un’Italia che non c’è più ma è soprattutto cercare di ricucire pazientemente i fili di una memoria che è stata fatta a pezzi negli ultimi decenni, con una certa spudoratezza, dicendo alle nuove generazione che la memoria è una cosa inutile, noiosa, divisiva, per usare uno degli ultimi termini sconci che sono stati creati".

All’epoca di quei fatti Gifuni aveva 11 anni. "Facevo la prima media, ricordo più che altro il clima di quegli anni, le piazze messe a ferro e fuoco con le manifestazioni. Ricordo anche che si iniziava a sparare e il clima di allarme che c’era nell’aria. Ma a parte la notte del terrore, oggi quegli anni li vedo come fertilissimi sul fronte dei diritti umani che facevano grandi passi avanti".

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