Mercoledì 9 Aprile 2025
SANDRO NERI
Magazine

Mezzo secolo di Branduardi: "Tra Barocco e King Crimson"

Il cantautore festeggia domani il cinquantennale della sua carriera "La gavetta in giro su una 500 scassata. Poi osai: e nacque ’Alla fiera dell’est’".

Branduardi festeggia il cinquantennale della sua carriera

Milano, 28 giugno 2024 – Il primo appuntamento, nel programma di impegni per il cinquantennale della carriera, è per domani nella natia Cuggiono. Il comune del Milanese, dove Angelo Branduardi ha trascorso i primi tre mesi di vita e dove ha poi abitato dal 1975 al 1983, gli conferirà la cittadinanza onoraria, al termine del concerto nel parco di Villa Annoni, tappa di un tour estivo che proseguirà fino ad agosto, in formazione a due. "Una sfida, contro le regole che dominano i concerti di adesso", dice Angelo Branduardi, 74 anni e 27 album all’attivo (dischi dal vivo esclusi). "Ennio Morricone, con cui ho anche lavorato, diceva: “La musica, essendo l’arte più astratta, è la più vicina all’assoluto“. Dove l’assoluto può essere tante cose – racconta –. Il concerto a due è un viaggio, un tentativo di guardare al di là del muro. Il pubblico che fin qui ha riempito i teatri sa bene cosa voglio dire".

Cinquant’anni sono il momento per tentare un bilancio.

"Che dire, ho anche pensato di smettere. Ma poi ho deciso il contrario. Più che fare bilanci tengo fede a un mio proposito: finché il pubblico mi vuole, io salgo sul palco. Da marzo 2025 è previsto un giro di concerti europei".

Fuori dai confini italiani lei è famoso già dagli anni ’70. Cosa piace della sua musica?

"In Francia, come in Germania o in Olanda, da quanto ho letto sui giornali, mi ritenevano un esempio assoluto di musica italiana. Profondamente italiana. E figlia del Rinascimento e del Barocco".

Ha scoperto la popolarità in un supermercato.

"Erano i tempi di Alla fiera dell’Est. Odeon, un programma della Rai di quel periodo, aveva realizzato un servizio a casa mia, che allora era a Cuggiono. Quella trasmissione cambiò la mia vita. Il giorno dopo, al supermercato, mi guardavano tutti, e mi additavano. Ero diventato famoso".

Gli inizi non sono stati facili.

"Fin dal 1970 giravo l’Italia con le mie prime canzoni e una 500 mezza scassata che aveva sostituito la 850 di mio padre. Mi pagavano 20.000 lire a sera, come dire 10 euro di oggi. Troppo poco anche per pagarmi una camera dove fermarmi a dormire. Poi, nel 1974, decisi di osare: su suggerimento di un discografico scrissi una lettera a Paul Buckmaster, il produttore di David Bowie e di Elton John, e allegai una cassetta con le mie canzoni. Con mia grande sorpresa, rispose all’appello e venne in Italia per produrre il mio primo album. Quando ci incontrammo mi disse che non aveva neppure ascoltato le mie canzoni: lo aveva colpito la lettera".

Dietro i testi, sin da allora, c’è anche la mano di sua moglie Luisa. Com’è nata quest’alchimia?

"Per caso. Suonavo per ore, davanti a lei, e una melodia le suggerì il testo de La luna. Poi abbiamo sempre lavorato così".

A una Festa de l’Unità, sul palco con Rino Gaetano, vi chiesero di cantare Bandiera rossa e al vostro rifiuto non foste pagati.

"Sì, a Ururi, vicino a Campobasso. La star era Rino Gaetano e fu soprattutto lui a tenere le posizioni. Abbiamo poi scritto una lettera alla Direzione del Pci, ma non abbiamo mai ricevuto una risposta".

Tra le ristampe dei suoi album più famosi c’è anche Highdown Fair, versione inglese de Alla fiera dell’Est.

"Con i testi di Pete Sinfield, il poeta dei King Crimson. Conosceva il mio album e propose di curare l’adattamento dei testi per il mercato estero".

Alla fiera dell’Est era, originariamente, il lato B del 45 giri.

"Nessuno credeva in quel brano. Il singolo doveva essere Il dono del cervo. A distanza di quasi mezzo secolo molti, magari, non sanno chi è Branduardi, ma sanno benissimo del topolino. Vuol dire, e mi si perdoni la vanità, che quel brano, che oggi è di tutti, mi ha regalato un pizzico di immortalità".