Di recente, nel corso dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, è intervenuta anche l’attrice Meryl Streep che ha preso la parola, insieme ad alcune attiviste, per difendere i diritti delle donne afghane.
Il documentario
È successo in occasione del documentario ‘The Sharp Edge of Peace’, che racconta le esperienze di quattro donne coinvolte nei negoziati con il regime talebano dopo il ritiro delle truppe statunitensi nel 2021. Nel suo intervento, Streep ha denunciato con forza la tragica condizione in cui versano le donne in Afghanistan dopo il ritorno al potere dei talebani. È accaduto nell'agosto 2021, quando le forze militari alleate guidate dagli Stati Uniti si sono ritirate dopo vent’anni di presenza nel territorio.
Diritti violati
Con grande partecipazione emotiva, l’attrice ha descritto la situazione come un “lento soffocamento”. In base alle leggi che sono state rimesse in vigore, persino gli animali godono di maggiori libertà rispetto alle donne afghane. “Un gatto può sedersi al sole, uno scoiattolo può correre libero in un parco, mentre alle donne e alle ragazze afghane tutto ciò è negato”, ha dichiarato. Mentre un uccello può cantare a Kabul, le donne non hanno nemmeno il diritto di cantare in pubblico.
Divieti sempre più severi
Da quando hanno ripreso il controllo dell’Afghanistan, i talebani hanno gradualmente inasprito le restrizioni sul genere femminile. Donne e ragazze non sono più autorizzate a lavorare o a studiare oltre il sesto grado di istruzione. I loro corpi devono essere completamente coperti e hanno il divieto di guardare uomini con cui non sono legate da sangue o matrimonio e viceversa.
Gli ultimi decreti dei talebani, citati da Streep, includono la richiesta alle donne e alle ragazze di rimanere in silenzio in pubblico. Questo perché, secondo la rigorosa interpretazione dei talebani – il cui regime è fortemente influenzato da principi religiosi e dalla legge islamica (Sharia) – la voce di una donna è considerata intima. Quindi giovani e adulte non dovrebbero essere sentite mentre cantano, recitano o leggono ad alta voce. Questa oppressione sistematica di donne e ragazze, denunciata anche dall’ONU, sta provocando un ulteriore peggioramento della salute mentale nella popolazione femminile afghana. Secondo esperti e attivisti, infatti, la depressione femminile, in Afghanistan, è in aumento, portando a un’impennata di suicidi e tentativi di suicidio.
Reclamo ufficiale
Nel frattempo, Germania, Australia, Canada e Paesi Bassi hanno accusato il gruppo islamista estremista di violare la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW). La convenzione era stata ratificata anche dal precedente Governo afghano nel 2003, ben prima che i talebani riprendessero il potere nell’estate del 2021.
Dunque, in quanto figura come Paese firmatario della CEDAW, l'Afghanistan sarebbe tenuto a rispondere al reclamo. Inoltre, come riportato dal quotidiano britannico ‘The Guardian’, una condanna ufficiale potrebbe far sì che altri Stati desistano dall’intenzione di normalizzare le loro relazioni con il regime dittatoriale afghano. “Sappiamo che le donne e le ragazze afghane stanno effettivamente venendo cancellate dalla vita pubblica a causa dei vari decreti emessi dai talebani,” ha dichiarato ai giornalisti a New York il ministro degli Esteri australiano Penny Wong.
Dolorosa testimonianza
Durante l’intervento della Streep all’Onu, accanto a lei c'era una donna che, se fosse rimasta nel suo Paese, non avrebbe potuto godere di libertà come passeggiare in un parco o cantare in pubblico: Asila Wardak, ex diplomatica presso le Nazioni Unite e a Kabul prima del ritorno dei talebani, ora alla guida del Women’s Forum on Afghanistan, un'organizzazione impegnata negli aiuti umanitari.
Durante l'evento a New York, Wardak è apparsa con il capo parzialmente coperto e gli occhiali, che da bambina non poteva indossare sotto il burka. Ha ricordato il tragico assassinio di suo padre, avvenuto nel 2002: “Mio padre mi accompagnava per strada, guidandomi per mano”. È stato ucciso per vendetta, per punirlo per il suo impegno nei confronti della libertà contro l’oppressione. Quel dramma personale le ha fatto perdere la speranza. Tuttavia, Asila non ha mai dimenticato il suo sostegno e i sacrifici fatti per lei. Forte di questa determinazione, ha continuato il suo percorso, diventando la prima donna afghana eletta nella Commissione per i diritti umani dell'Organizzazione della cooperazione islamica e partecipando nel 2019 ai negoziati di Doha, poi falliti. Wardak ha sottolineato che combattere il regime talebano fa parte della lotta globale contro gli estremismi.