Sabato 27 Luglio 2024
PINO DI BLASIO
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Mengiste, la sfida femminile al Duce: "Le donne etiopi grandi combattenti"

La lezione della scrittrice dalla “Cattedra Woolf“ dell’Università per stranieri di Siena: "Ma a casa venivano abusate"

Mengiste, la sfida femminile al Duce: "Le donne etiopi grandi combattenti"

Mengiste, la sfida femminile al Duce: "Le donne etiopi grandi combattenti"

"Ho scoperto Virginia Woolf in America, quando ero già grande. La mia lezione all’Università per Stranieri è stata tutta incentrata su cosa ha significato per me leggere le sue opere. È stato soprattutto un viaggio nei miei primi ricordi". Maaza Mengiste è salita in cattedra con un sorriso che ha illuminato l’aula magna dell’Università per Stranieri di Siena, intitolata a Virginia Woolf. E la sua lezione è stata la prima della “Cattedra Woolf“ che il rettore dell’ateneo Tomaso Montanari, assieme ai docenti, ha voluto istituire per dare voce a protagonisti di livello internazionale. Non solo donne.

Maaza Mengiste, nata ad Addis Abeba 53 anni fa, è una scrittrice. Tre suoi zii furono vittime del colpo di stato del 1974 di Menghistu, con la sua famiglia Maaza fu costretta a lasciare l’Etiopia. Ha vissuto a Lagos e a Nairobi, ha studiato scrittura creativa all’Università di New York, dove oggi abita e insegna.

Lo sguardo del leone e Il re ombra sono i suoi romanzi, premiati entrambi. Il re ombra (Einaudi, 2019) racconta la resistenza delle donne contro l’occupazione italiana in Etiopia.

Cosa intende quando dice che Virginia Woolf l’ha ispirata?

"Sono cresciuta come scrittrice leggendola. Anche lei ha cercato di ricordare la sua vita usando le parole. Non potrei capire l’inglese, senza i suoi libri. Mi ha regalato il senso di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato".

Per lei è una pietra miliare...

"Soprattutto leggendo A Sketch of the Past (Tracce del passato in italiano n.d.r.), dove lei ripensa al suo primo ricordo, alle onde che si ’frangono mandando schizzi d’acqua sulla spiaggia’. Per me, invece, c’è questo ricordo: sono nella mia casa d’infanzia, in Etiopia, e fisso una grande fotografia di me stessa da piccola. Ho quattro anni, e sono abbastanza grande da capire che una foto è diversa da una persona reale. Virginia Woolf immagina che le parole hanno la forza di rendere il mondo un posto migliore e in pace. Sono convinta che abbia ragione".

Nel suo romanzo Il re ombra racconta la colonizzazione italiana in Etiopia. Penso sia stato un colpo di genio storpiare il nome del Duce in Mussoloni. Così faceva più paura.

La risata argentina di Maaza Mengiste precede la sua risposta "Lei dice? È così che lo chiamavano in Etiopia nei villaggi. Anch’io da piccola sentivo sempre parlare di Mussoloni. Ancora oggi può sentire quel nome. In italiano fa più spavento, ma in Etiopia è solo il nome dell’invasore da combattere".

Le sue storie di donne combattenti, della resistenza delle etiopi contro i colonizzatori italiani, soprattutto Hirut, la guardiana del ’re ombra’ hanno conquistato i lettori.

"Ho raccontato le donne del 1936 che hanno combattuto contro gli italiani, come la mia bisnonna. Una donna poteva essere soldato, ma quando tornava al villaggio, gli uomini potevano abusare di lei. I loro corpi erano come campi di battaglia. Una storia che noi ricordiamo come donne etiopi. Che raccontiamo come fanno in Italia quando ricordano le partigiane, o in Spagna quando parlano delle grandi protagoniste della guerra civile".

Storie simili, ma ognuna storia a suo modo?

"Ogni volta che raccontiamo di donne resistenti, di guerre di liberazione combattute da donne, a noi sembra la prima volta. Ci sono state sempre donne guerriere, noi tendiamo a dimenticarle. Combattiamo dall’anno 400 nell’isola britannica fino al XIII secolo con Giovanna d’Arco. La nostra condanna è essere dimenticate".

Come è la situazione oggi delle donne in Etiopia?

"Molto simile a quella delle donne negli Stati Uniti. I loro corpi sono controllati dallo Stato. I diritti delle donne negli Stati Uniti vengono costantemente depotenziati, arretrano. Se guardo all’Etiopia, dove le donne lottano per il riconoscimento dei loro diritti, vedo un progresso più veloce. Negli Stati Uniti noi donne abbiamo perso diritti, in Etiopia li abbiamo guadagnati lottando. Ovviamente non penso che la situazione delle donne in Tigray, le violenze, la povertà, siano alle spalle. Ma in Etiopia le donne lottano, in America chiedono aiuto".

Pensa che in futuro potrebbe andare peggio?

"Credo di sì. Quello che sta accadendo negli Stati Uniti per le donne, è accaduto o potrebbe accadere in Italia, in Germania, in tutto il mondo. Quella delle donne è una lotta che non possiamo restringere a un Paese solo, ma a tutto il mondo".

Ha un’idea sulla situazione politica in Etiopia? Qual è il suo giudizio sul premier Ahmed?

Maaza Mengiste ride... "L’altra domanda?"

Da pochi mesi è stata riempita la grande diga sul Nilo, ribattezzata del ’Rinascimento etiope’. Lei non crede che possa diventare il simbolo di un nuovo colonialismo per l’Africa?

"Quello che l’Etiopia chiede con la grande diga è avere eguali diritti sull’acqua del Nilo che scorre nel Paese. Finora l’Egitto godeva di privilegi che derivavano da trattati coloniali britannici. Parlando della diga, si parla di quello che il colonialismo ha fatto di sbagliato. Oggi la ’Renaissance Dam’ dà energia elettrica a milioni di persone in Etiopia, può far crescere il Paese e la gente. Bisogna dividere l’acqua e la ricchezza che genera. Mi auguro che i negoziati con Egitto e Sudan possano arrivare a un accordo buono per tutti".