Giovedì 2 Maggio 2024

Martina Belli: ho una gran voce e un bel corpo. Anche nella lirica conta troppo l'aspetto

Il mezzosoprano si ribella: "Le donne subiscono ovunque un condizionamento sociale. Il fattore estetico è un’arma a doppio taglio". Le polemiche sulle richieste dei registi: "Succede che al massimo della potenza vocale, dopo una certa età ti taglino fuori" .

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I critici lodano la sua voce: "È brunita e vellutata, ricca di sfumature, capace di salire agevolmente sull’acuto". E poi: "La dizione è nitida, esemplare, perfetta". Quanto alla recitazione, "mostra espressività, eleganza e presenza scenica. Ha personalità e carattere". Tutto bene a prima vista per Martina Belli, 39 anni, reggiana, il mezzosoprano che ha stregato platea e telespettatori interpretando al Circo Massimo un personaggio scandaloso come Maddalena, nel Rigoletto firmato Damiano Michieletto. A prima vista, appunto. Perché una come lei sul palco corre un rischio: essere giudicata per la sua bellezza, anziché per la bravura.

Le due cose non dovrebbero andare a braccetto?

"Dovrebbero, invece no. Le donne subiscono ovunque un condizionamento sociale. A maggior ragione quando appartengono al mondo dello spettacolo: il fattore estetico è un’arma pericolosamente a doppio taglio".

Spieghi meglio.

"Mettiamo che sei una bella donna. Facile essere etichettata in uno stereotipo: ha una faccia che spacca, un corpo notevole, è lì per questo anche se non sa cantare".

C’è anche il pericolo opposto?

"Il giudizio standard è: ha una gran voce ma è sovrappeso, non si può proporre al pubblico una interprete così poco credibile".

Lei è stata vittima di questa doppia lama?

"Fortunatamente no. Ma conosco una collega bravissima, dal fisico abbondante, che si è vista rifiutata da diversi teatri. Il manager l’ha invitata a mettersi a dieta. Sa com’è finita? S’è presa un altro manager".

In una intervista resa a Carla Maria Casanova su questo giornale, il soprano Lisette Oropesa ha raccontato di aver perso più di trenta chili. Altrimenti non l’avrebbero più voluta sul palco.

"Ai tempi di Montserrat Caballé si diceva che il soprano doveva essere abbondante perché servono polmoni capienti. Adesso è quasi una bestemmia. C’è una intransigenza crescente nei confronti delle donne e certi critici hanno toni inaccettabili. Anche al massimo della potenza vocale, dopo una certa età non sei più ritenuta spendibile per determinati ruoli. Ti tagliano fuori. È la denuncia fatta in questi giorni da un mezzosoprano fantastico come Marianna Pizzolato".

La severità è a senso unico? Cito ancora la Oropesa: per i baritoni la situazione è simile, se vuoi fare Don Giovanni devi essere sexy e andare in palestra.

"Mai come le donne, però anche gli uomini cominciano a temere la bilancia. Pavarotti e Domingo non fanno testo: nessuno può toccare i fuoriclasse".

Quindi tutte a dieta forzata?

"Un momento, serve un distinguo. Noi siamo cantanti ma anche attori. E il cantante dev’essere un atleta, anche se la voce è il talento primario. Dev’essere efficace e credibile in scena. Quindi è fondamentale prendersi cura del corpo: l’opera oggi è uno spettacolo globale, ci chiede studio e presenza fisica. Un puzzle complesso che mette insieme interpreti, orchestra, direttore, regista e costumista. Tutti i tasselli vanno sincronizzati".

Altrimenti?

"Altrimenti lo show non funziona. Io non ho prevenzioni: per me classico e moderno pari sono, come direbbe il Duca di Mantova. È il risultato a fare la differenza tra un’operazione riuscita e una porcata mostruosa".

Lei ha lavorato con due mostri sacri, Turturro e Michieletto, in altrettanti Rigoletto. Che differenze ha trovato?

"Turturro ha costruito una favola dark, una storia gotica fra cuori di tenebra. Idea affascinante che però è rimasta in superficie. Debuttava nella regia lirica e il troppo rispetto l’ha frenato. Era successo anche a Sofia Coppola con la sua Traviata: molto glamour e alta moda, poca creatività".

E Michieletto?

"È una macchina da guerra. Ha creato un allestimento para hollywoodiano, mettendo in scena la cine-lirica".

Con chi le piacerebbe lavorare?

"Adoro Emma Dante. Cinema, teatro, lirica: sa fare tutto. Il Macbeth dell’estate scorsa allo Sferisterio era splendido".

La sua Carmen ha fatto rumore: è il ruolo che preferisce?

"Quel personaggio mi dà una sicurezza che non ho nella vita reale. Carmen è sensuale, ammiccante, ha una carnalità ferina. Io sono conscia di essere una bella donna, ma tutt’altro che una femme fatale. Carmen non sono io: lo divento in scena".

Che cosa le manca per esserlo tutti giorni?

"I miei freni funzionano. Sono riservata e ho il pudore dei sentimenti. Mi lascio andare solo quando ne vale veramente la pena".

Sul palco si lascia andare eccome. Leggo da una recensione: la prorompente bellezza di Martina Belli, virtuosa nell’accavallamento delle gambe...

(risata) "Vabbè, dai. È finzione scenica: spero che il mio compagno la pensi così. Una cantante deve appoggiarsi al corpo".

Come lo cura?

"Mai avuto problemi di linea. Ho cominciato a fare sport perché avevo bisogno di una valvola di scarico. Serve costanza nell’allenamento, ma con una vita da zingara capita di stare in giro per uno spettacolo anche un mese e mezzo".

E poi le piace mangiare...

(altra risata) "Sono emiliana, non toglietemi i cappelletti di casa mia".

Michieletto nel Rigoletto l’ha vestita con una minigonna mozzafiato. Maddalena la prostituta che esercita in un camper: si è sentita a disagio?

"Per niente. Era funzionale allo spettacolo, il risultato ha premiato".

Nerone in L'incoronazione di Poppea. Poi Anna Bolena. Come riesce una donna affascinante a recitare en travesti?

"È la prova che la femminilità non è fondamentale sul palco. Anche una donna nei panni di un uomo può essere verosimile. Così io sono Smeton e canto alla regina: un bacio, un bacio ancora".

Opera life ha stilato la classifica delle dieci bellissime della lirica. Numero uno Anita Rachvelishvili, seconda Anna Netrebko e così via. Chi manca?

"È un gioco, il look è solo un’esigenza collaterale alla voce. Però diamine: manca Danielle de Niese. E dov’è Elina Garanca? Elina è bellissima, una donna vera, mentre altre cantanti viste da vicino perdono molto. Il guaio è che l’immagine distorce la realtà: è il fotoshop della personalità, che influenza negativamente i giovani e porta a modelli social inesistenti".

Quella lista è uno schiaffo all’orgoglio italiano: perché lei non c’è?

(terza risata) "Io sono bella sui giornali, meglio non andare a fondo".

È stato tutto facile fin dall’inizio?

"Sono arrivata tardi al canto, laureata con lode al conservatorio di Santa Cecilia. Ho debuttato a vent’anni nella Lucia di Lammermoor. I primi tempi sono stati durissimi, i cachet pesanti vanno solo alle star".

Si è persa una fetta di giovinezza?

"A volte invidio la normalità delle mie amiche. Poi penso: Martina, sei una privilegiata".

A 39 anni sente la mancanza di un figlio?

"Tasto delicato. La vita di una cantante è fatta di aerei e valigie. Avere un bambino non è impossibile, solo molto complicato".

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