Giovedì 2 Maggio 2024

Tiziana Ferrario: "Quelle operaie erano eroine"

Inizio Novecento, sfruttate per fare grande Milano . Nel libro “Cenere“ la giornalista rende loro giustizia.

Tiziana Ferrario: "Quelle operaie  erano eroine"

Tiziana Ferrario: "Quelle operaie erano eroine"

Tiziana Ferrario dedica il suo ultimo libro Cenere a Milano, per ragioni molto pertinenti. Per l’argomento, certo.

In sintesi?

"Riscopro la citta della rivoluzione industriale, inizio Novecento, soffocata dal grigio eruttato dalle cimiere, e che incomincia la sua ascesa grazie al sacrificio e alla dedizione delle sue donne. In un romanzo intessuto di storie vere, sconosciute al grande pubblico". Edito da Fuori Scena (RCS Media Group).

Ma il movente emotivo della dedica?

"“A Milano, la città che amo”. Ci sono nata, mi ha dato tanto. Le radici, la formazione, che pure vale come una carta di identità. Anche se poi me ne sono andata presto a Roma, per lavorare in Rai".

Studi al mitico Parini?

"No, non è mica obbligatorio fare il classico. Ho frequentato il liceo scientifico Vittorio Veneto".

Riconosciamola, dunque, l’importanza della cultura scientifica che nel suo progredire risolve concretamente i guai dell’umanità. E che distingue una in particolare, tra protagoniste e comprimarie.

"Bellissima e intelligentissima, Anna Kuliscioff, esule russa, forse la prima donna laureata in medicina in Italia. Studi sulla febbre puerperale. All’Ospedale Maggiore di Milano non l’ammettono perché donna. Diventa la dutura (dottora) dei poveri nella Cucina dei Malati aperta da Alessandrina Ravizza, la “contessa del broeud (brodo)”, altra russa filantropa, che le affida la direzione del collegato ambulatorio in via Anfiteatro, quartiere Garibaldi".

Allora malsano covo di malavitosi, oggi tra i più cool al mondo.

"Alle origini della capitale della moda, teatro di irresistibili fashion week, dobbiamo svelare quel che è rimasto fuori dalle celebrazioni. I setifici, per esempio, con le finestre sempre chiuse, perché gli sbalzi di temperatura o le folate di vento avrebbero rischiato di rovinare i materiali".

Conseguenze per le lavoratrici?

"Catarro cronico, polmoniti, tisi, tubercolosi. Un pulviscolo fastidioso ristagnava nell’aria insieme alle sostanze nocive, olii e coloranti utilizzati nella lavorazione".

E “il bacio della morte”?

"Era il gesto ripetuto tutto il giorno dalle operaie che dovevano trovare ed estrarre il capo del filo dal bozzolo, per creare una matassa di seta".

In alternativa all’aspirazione per bocca, esistevano già sistemi meccanici. Come spiegare la resistenza dei padroni delle fabbriche a introdurli?

"Erano più lenti, abbassavano la produttività. In senso più ampio, le miserevoli condizioni di lavoro derivano dalla rottura dell’alleanza tra borghesia e proletariato, tra ricchi e poveri, che nel 1848 aveva portato alle gloriose Cinque giornate".

Le date sono incise sulla croce tenuta in mano da “La Meditazione” (in origine “L’Italia nel 1848”), dipinta da Hayez. Bella donna, appunto afflitta, riportata in copertina. E la narrazione si apre con la tragica rivolta del 1898.

"Esplosa con la crisi economica. Soffocata da Bava Beccaris. Settecento morti e duemila feriti gravi tra i manifestanti. In carcere, anche la Kuliscioff e il compagno Filippo Turati, leader socialista, oltre a duecento bambini e bambine".

Saranno però le bambine a scrivere la felice conclusione.

"Le piscinine, povere apprendiste tra gli 8 e 14 anni, di fatto sfruttate dalle case di moda in mansioni anche umilianti e rischiose, si ribellano con successo nel 1902. Aiutate nello sciopero dall’Unione Femminile Nazionale, fondata nel 1899 a Milano, culla del socialismo e del femminismo, da Ersilia Bronzini Majno".

Mamma di Mariuccia. Nel suo nome chiudiamo il libro?

"La Fondazione Asilo Mariuccia, aperto nel nome della ragazzina morta per l’allora non curabile difterite, continua tuttora ad accogliere giovani donne vittime di abusi e a rischio di esclusione sociale. Oggi, per il 60% provenienti dal Nord Africa. Per quanto sempre più costosa, Milano deve continuare a regalare, anche ai più sventurati, un sogno".

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