New York, 7 maggio – La scrittrice messicana Cristina Rivera Garza ha vinto il Premio Pulitzer per il memoir e autobiografia “Liliana’s Invincible Summer: A Sister’s Search for Justice” (pubblicato in Italia con il titolo “L’invincibile estate di Liliana”, Edizioni Sur). Lo ha annunciato ieri la Columbia University, insieme ai nomi degli altri vincitori della 108esima edizione di una delle più prestigiose onorificenze mondiali per il giornalismo, la letteratura e la musica. Tra questi: “Night Watch” di Jayne Anne Phillips, “Primary Trust” di Eboni Booth, “No Right to an Honest Living: The Struggles of Boston’s Black Workers in the Civil War Era” di Jacqueline Jones, “King: A Life” di Jonathan Eig e “A Day in the Life of Abed Salama: Anatomy of a Jerusalem Tragedy” di Nathan Thrall.
“L’invincibile estate di Liliana”, che gareggiava contro “The Best Minds: A story of Friendship, Madness and the Tragedy of Good Intentions”, di Johnatan Rosen, e “The Country of the Blind: A Memoir at the End of Sight”, di Andrew Leland, è stato scelto perché è “una storia che mescola memorie, giornalismo investigativo femminista e biografia poetica uniti a una determinazione nata dalla perdita”, secondo la giuria del Pulitzer.
Tratto da una storia vera, il libro che ha “la delicatezza della grande letteratura e la forza di un gesto politico” denuncia il femminicidio della sorella dell’autrice, avvenuto nel 1990 a Città del Messico. Liliana Rivera Garza aveva 20 anni, studiava architettura e dentro di lei c’era “un’invincibile estate”: voleva trasferirsi a Londra, fare un master, cominciare una nuova vita. Niente di ciò le è stato permesso. Il 16 luglio 1990 viene assassinata dal suo ex fidanzato, Ángel González Ramos, che non riusciva ad accettare che lei potesse rifarsi una vita senza di lui.
Trent’anni dopo, Cristina Rivera Garza ha ricostruito la storia della sorella partendo dalle indagini dell’epoca, raccontando la storia “personale ma universale” dell’ennesimo caso di violenza di genere. Nonostante la drammatica frequenza dei casi, il femminicidio è diventato reato in Messico solo nel giugno del 2012. Il libro, tradotto da Giulia Zavagna, è stato presentato in Italia dall’autrice stessa lo scorso marzo al Book Pride di Milano: “non avrei mai potuto scrivere questo libro senza la lingua che le donne hanno elaborato negli ultimi anni su questo tema [il femminicidio, ndr], senza il linguaggio dei movimenti femministi che hanno cambiato i nostri paesi negli ultimi trent’anni” ha dichiarato Rivera Garza. Per le molte somiglianze tra la storia di Liliana e il caso di Giulia Cecchettin che ha scosso il paese a novembre, il testo è stato “protagonista negli ultimi mesi di letture pubbliche a Roma e Milano – riporta Internazionale – usato da molte attiviste come un manifesto contro la violenza di genere”. L’attribuzione del Pulitzer a Rivera Garza rappresenta quindi una speranza per il presente: la promessa, forse, che qualcosa possa cambiare nel futuro.