Lunedì 29 Aprile 2024

L’epopea della sconfitta operaia. Il thatcherismo visto da un bambino

Il romanzo "Come ho ucciso Margaret Thatcher" di Anthony Cartwright racconta l'odio di classe di un bambino verso la leader conservatrice e il disfacimento di una famiglia operaia durante l'era Thatcher. Un'epopea di sconfitta vissuta con dignità e coscienza.

L’epopea della sconfitta operaia. Il thatcherismo visto da un bambino

L’epopea della sconfitta operaia. Il thatcherismo visto da un bambino

L’epopea di una sconfitta epocale: potremmo definire così il romanzo di Anthony Cartwright, Come ho ucciso Margaret Thatcher, tradotto in italiano da Alegre una dozzina di anni dopo l’uscita in Gran Bretagna. Come si sa, nessuno ha mai ucciso la Lady di ferro, morta per cause naturali nel 2013, ma il titolo del libro è pertinente, perché racconta l’odio di classe e le intenzioni omicide coltivati da Sean, il bambino protagonista del romanzo. È attraverso il suo sguardo che Cartwright accompagna il lettore nel disfacimento di una famiglia operaia, spezzata nella sua integrità e nelle sue certezze dalla travolgente onda politica cavalcata dalla leader conservatrice,l’avvento del neoliberalismo.

Il romanzo è ambientato nei primi anni dell’era Thatcher, cominciata con l’ingresso a Downing Street nel 1979, ma tiene un doppio piano temporale: al racconto di Sean bambino, si sommano le riflessioni di Sean adulto, e così dalla presa diretta sul disastro si passa senza soluzione di continuità, lungo tutto l’arco del libro, ai bilanci e alle visioni dei fatti col senno di poi. Cartwright, appartenente a una famiglia operaia da più generazioni, e a sua volta lavoratore manuale prima del successo come scrittore, riesce e mantenere un tono ironico e perfino leggero pur descrivendo un’autentica disfatta politica e culturale, che viene vissuta – questo sì – con dignità e coscienza.

Le prime pagine del romanzo introducono nel cuore morale del romanzo: il nonno di Sean colpisce con un pugno tremendo uno dei figli, colpevole di avere votato tories alle politiche del ’79. Un’onta insopportabile per una famiglia orgogliosamente laburista, ma anche il padre di Sean, segretamente, ha votato Thatcher, e così prende corpo, pagina dopo pagina, un racconto tanto vivace quanto sincero della sconfitta operaia, che è stata, almeno in parte, anche un autogol.

Cartwright descrive con grazia e passione la famiglia di Sean e il contesto operaio, l’area industriale del “Black Country“, la sua stessa città natale, Dudley: è un ritratto tanto brillante quanto duro, perché la famiglia si sgretola. Il tono, tuttavia, non è troppo cupo e la vitalità della working class mai del tutto sopita. Ogni capitolo del libro porta in epigrafe una frase, un motto, uno slogan di Margaret Thatcher, incluso l’aforisma più terribile: "La società non esiste. Esistono gli individui, gli uomini e le donne, ed esistono le famiglie". Cartwright, col suo romanzo, in fondo dimostra che è vero il contrario: esistono le famiglie, nonostante le sconfitte, perché esiste ancora una società.

Lorenzo Guadagnucci

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