Sabato 27 Luglio 2024
STEFANO MARCHETTI
Magazine

L’arte di stupire con marionette e burattini

A Reggio Emilia una mostra sul teatro di figura e le avanguardie artistiche. Da Klee a Picasso e Depero: le “creature“ delle grandi firme

L’arte di stupire con marionette e burattini

L’arte di stupire con marionette e burattini

Con quella bocca può dire ciò che vuole, sentenziava uno slogan d’antan. Con le loro teste di legno, anche i burattini hanno sempre avuto la licenza e la libertà di ironizzare sui difetti del mondo, di pungere l’establishment politico e perfino di dare legnate ai potenti. Insomma di parlare ai grandi attraverso il linguaggio dei bambini. "E non tutti hanno pensato al ruolo che i burattini hanno avuto e continuano a esercitare nella storia del teatro, o alla loro importanza come strumenti di cambiamento sociale", sottolinea James Bradburne, già direttore della Pinacoteca di Brera, che a Palazzo Magnani di Reggio Emilia ha curato l’intrigante mostra su Marionette e Avanguardia.

Fino al 17 marzo possiamo idealmente sfondare la quarta parete e andare a spasso nella storia del teatro di figura a cui si dedicarono anche grandi firme come Paul Klee, che attorno al 1922 realizzò per il figlio Felix una cinquantina di personaggi con il volto in ceramica dipinta (e aveva pure costruito un teatrino baracca per metterli in scena), o come Ferdinando Depero che per i suoi Balli plastici del 1918 costruì una serie di marionette senza fili, forme in movimento, nello spirito del Futurismo. "All’inizio del ‘900 scrittori e registi d’avanguardia utilizzarono marionette e burattini, i puppets, per trasformare il teatro da uno spettacolo dominato dagli attori a una forma d’arte totale creata dai registi – aggiunge Bradburne – Questo cambiamento fa parte della più ampia trasformazione che oggi chiamiamo Modernità, che comprende le arti, le scienze, la musica, la letteratura".

Marionette e burattini – lo sappiamo – non sono la stessa cosa, anche nella loro “identità“ sociale. Manovrate da fili dall’alto, le marionette erano di casa nei saloni principeschi e nei salotti borghesi, mentre i burattini, impugnati dal basso, abitavano soprattutto le fiere e le piazze dei paesi, e hanno sempre avuto una forte carica "politica e sovversiva", fa notare il curatore.

Il viaggio della mostra attraversa le principali correnti artistiche e il loro rapporto con queste curiose creazioni (o creature) che davano vita agli oggetti. Per i futuristi, le marionette erano lo specchio dell’estetica delle macchine, quasi la realizzazione del sogno dell’uomo meccanico: in mostra anche i bizzarri (e imbronciati) burattini futuristi del modenese Enrico Prampolini, con le fattezze di Gabriele D’Annunzio, Benito Mussolini, re Vittorio Emanuele III, Giovanni Giolitti e don Luigi Sturzo, e le raffinate marionette mosse da bastoncini (alla maniera giavanese) di Richard Teschner, artista, burattinaio e mago, o il Re Cervo e il Pappagallo di Sophie Täuber-Arp, dietro a cui si celava una parodia della psicanalisi di Freud, e la genialità del Bauhaus, dove Oskar Schlemmer seppe recuperare anche Il teatro delle marionette di Kleist.

Poi la Rivoluzione russa, e l’idea di Lenin (e della moglie Natalia Krupskaya) di “affidare“ alle marionette il compito di alfabetizzare il popolo, per formare i nuovi cittadini sovietici. Fino a un grande omaggio a Otello Sarzi, emblema di una generazione di burattinai, che a Reggio Emilia trovò la sua “casa“ artistica: collaborò con Gianni Rodari, Federico Fellini e Giorgio Strehler, portò in scena anche testi di Beckett e di Brecht e – sottolinea Bradburne – fu "artista di grande intelletto, profonda convinzione morale e di non trascurabile capacità innovativa", temprato dalla Resistenza, radicato e forte nel pensiero politico.

Aperta dai costumi che Pablo Picasso disegnò nel 1917 per il balletto Parade, la mostra si chiude “dal vivo“: ogni giorno, in diversi orari, compagnie di burattinai montano la loro baracca in una sala e danno spettacolo. E proprio all’uscita ci congeda con una questione suggestiva e inquietante: dove ci porteranno l’intelligenza artificiale, gli algoritmi e le altre diavolerie tecnologiche? E non finiremo tutti per diventare a nostra volta marionette, mosse da fili invisibili?