Venerdì 26 Luglio 2024
ANNA MANGIAROTTI
Magazine

L’arte dello spirito: alla scoperta degli Sciamani

Una grande mostra di Muse, Mart e Mets indaga la cultura della “comunicazione con l’infinito“: tra antichi oggetti rituali e opere contemporanee

L’arte dello spirito: alla scoperta degli Sciamani

L’arte dello spirito: alla scoperta degli Sciamani

Dopo che lo “Sciamano” italo-americano Jake Angeli, facendosi fotografare con peloso copricapo e corna, guidò nel gennaio 2021 l’assalto a Capitol Hill per sostenere Trump e contrastare la presidenza di Biden, e di recente ha presentato la propria candidatura per essere eletto alla Camera Usa come politico “libertario”, ancor più sfuggente appare il significato del termine tunguso che lo etichettò. Mago, stregone, saltimbanco, sacerdote, guaritore, forse psicoanalista, veggente?

Vero interesse suscita quindi la mostra Sciamani che, tra scienza e trascendenza, fino al 30 giugno riunisce in due sedi la triplice alleanza di Muse - Museo delle Scienze di Trento, e di Mart - Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, e di Mets - Museo etnografico trentino San Michele all’Adige. "Per coincidenza, nativo di Rovereto è il più grande collezionista di reperti sciamanici, Sergio Poggianella. Ci ha prestato praticamente tutto, ben 100 manufatti originari di Cina, Siberia, Mongolia" spiega il supercuratore Stefano Beggiora, al quale chiediamo di orientarci. Lui a Ca’ Foscari è docente di etnografia dello Sciamanesimo (l’unico in Italia) e in giro per il mondo, ai convegni dell’Isars (International Society for Academic Research on Shamanism, che il prossimo maggio porterà il mondo a Trento) ha avuto occasione di conoscere il compatriota, pure collezionista, non a caso, d’arte contemporanea.

È lo sciamano infatti un precursore nella sfera artistica, oltre che un comune denominatore di tutte le religioni, spiegò Goethe. Tanto che in Oriente l’arte resta mai fine a sé stessa, semmai rituale, salvifica. E al Palazzo delle Albere di Trento, cinquecentesco edificio adiacente al Muse, l’esposizione Sciamani. Comunicare con l’invisibile, al secondo piano, a cura del Mart, riunisce 40 opere eterogenee di 26 artiste e artisti internazionali prodotte negli ultimi 70 anni, variamente correlate con l’ancestrale fenomenologia, tutte sul filo rosso della questione ambientalista. Vedere di Joseph Beuys Difesa della natura (Grassello), il viaggio dell’italica calce “grassello” adoprata dal maestro nel 1978 per il restauro di casa e studio in Germania, importata da Foggia, dove nel 1940-’41, aviere della Luftwaffe, era stato curato all’Ospedale Militare. Di Alighiero Boetti Shaman/Showman, 1968; di David Aaron Angeli Offerta della coppa piumata, 2023.

Al primo piano, straordinario viaggio antropologico tra maschere, copricapi, strumenti per divinazione e terapia: "Splendidi – garantisce Beggiora – i costumi rituali, manifestazione di poteri e armatura contro i pericoli. E i tamburi, magari contenenti un ongon (statuetta in legno di antenato o spirito ultraterreno), dal suono come il galoppo di un cavallo che accompagna lo sciamano nel suo viaggio spirituale. Mentre al Paleolitico superiore dei nostri antenati di Grigno (Tn) riporta la figura umana dipinta su pietra, personalità di spicco all’interno dei cacciatori-raccoglitori, probabile esperto nello scambio tra uomini e spiriti animali". Ma non bisogna sottovalutare anche i più recenti scacciapensieri, la statuetta curativa del mal di testa, la scatoletta del benessere, per un’esperienza sensoriale immersiva.

Al Mets, la declinazione Sciamani. Téchne, spirito, idea associa strumenti della vita e del lavoro nelle valli locali a una fascia intessuta da figure di cammelli e cammellieri lunga 10 metri, a una yurta turkmena (abitazione a semicupola di nomadi), prima metà XX secolo, diametro cm 540, e all’acrilico Minotauro di Paolo Dolzan, 2016. In un orizzonte di dialogo, la strategia della trasversalità dovrebbe far comprendere come l’artista, spinto dall’immaginazione nelle terre del sogno, non sia diverso dallo sciamano che si può incontrare ancora in Himalaya: in grado di trasformarsi in tigre o in leopardo, durante il sogno o la trance, e incorporare la quintessenza della potenza della natura, e così contrastare disastri e negatività.

Visione troppo romantica? "Non azzardiamo che nel tradurre certe pratiche sciamaniche si trovi la chiave assoluta della sostenibilità ambientale o la via d’uscita rapida dall’Antropocene – conclude il prof Beggiora che sull’Himalaya c’è stato – ma pare possibile una via di riconciliazione e guarigione dell’individuo nella dimensione in cui vive".