È sempre bellissima Juliette Binoche, 59 anni, a Cannes come protagonista di La passion de Dodin Bouffant del regista francovietnamita Tran Anh Hung. Un film sulla gastronomia e l’arte di vivere. La cronaca della felicità amorosa ottocentesca fra un castellano gastronomo, interpretato da Benoit Magimel, e la sua cuoca di eccezionale talento. Adattato da un romanzo del 1920, La vie et la passion de Dodin-Bouffant, il film celebra l’arte del mangiar bene e del vivere in armonia in un modo assoluto, totalizzante. Per realizzare il film è stato coinvolto anche un famoso chef stellato, Pierre Gagnaire, e tutto quello che traspare da questo ritratto dell’apice della gastronomia francese di metà Ottocento, quella di piatti e salse ancora oggi di culto, di August Escoffier e i suoi discepoli, ha un sapore realistico. "È stato un training incredibile, abbiamo avuto quasi delle relazioni con gli ortaggi, con le carni e le salse, tutto quello che mostra il film è stato preparato come si vede, lentamente, consapevolmente, curando ogni dettaglio con amore. È venuto fuori il mio 100 per cento di passione francese", dice Juliette Binoche che è la protagonista nei panni della sous chef del “Napoleone del bollito“, del pot-au-feu, Dodin Bouffant, che la ama da sempre. Lei, cuoca perfetta, che coglie con amore ogni foglia aromatica nel giardino e accarezza i filetti e assaggia con gusto, si mantiene a distanza, non ha fretta, cedendo alla sua corte solo dopo 20 anni
La cucina come culto, come religione, come modo di appropriarsi del mondo e della felicità. Fa impressione, pensare che in concorso a Cannes due film raccontino estremi così opposti della concezione del cibo: questo, con il suo trionfo di prelibatezze, e Club Zero, in cui – con una fotografia gelida, impietosa – entriamo nel mondo di adolescenti anoressici all’ultimo stadio, pervasi da un fanatismo quasi religioso, che li porta a rifiutare ogni forma di cibo.
"È stato incredibile girare questo film. Tutto quello che nel film si vede è stato realmente cucinato, lentamente, con amore", dice l’attrice, premio Oscar per Il paziente inglese, e protagonista dell’indimenticabile Film blu di Kieslowski. Il regista francovietnamita Tran Anh Hung, già autore de Il profumo della papaya verde, e Leone d’oro a Venezia per Cyclo nel 1995, le fa eco: "È un film che riempie gli occhi e le orecchie. È un film fatto anche dei rumori della cucina, rumori che danno gusto e sapore alle immagini".
Juliette Binoche vede il suo personaggio come un esempio di orgoglio e realizzazione femminile: "Questa donna è una femminista. Mantiene l’indipendenza per tutta la vita, e allora come oggi è quello il segreto per una relazione vera. Due persone sono alla pari quando mantengono ciascuno la propria indipendenza. Solo così condividi, ti evolvi, ti ami". Fra realtà e finzione, l’intreccio è reso più tenace, in questo film, dal fatto che Binoche trova sul set il suo ex, Magimel, dal quale ha avuto la figlia Hannah. "Non ci siamo frequentati molto, dopo: questa è stata un’occasione per riscoprirci complici", dice con semplicità.
La diva francese, intanto, non si ferma. Sarà Coco Chanel nella serie tv su Christian Dior, The New Look, per Apple. E sarà Penelope in The Return, il film che il regista italiano, attivo in Gran Bretagna, Uberto Pasolini sta girando con Ralph Fiennes nel ruolo di Ulisse.
Giovanni Bogani
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