Sabato 15 Giugno 2024
ELETTRA BERNACCHINI
Magazine

‘My name is Barbra’, la vera storia di Streisand raccontata da lei

L'autobiografia di oltre 900 pagine che passa in rassegna la carriera, la psicologia, gli amori e i problemi della star: "Se vorrete leggere di me tra 20 o 50 anni, queste sono le mie parole"

Barbra Streisand si racconta in un'autobiografia (Fotogramma)

Barbra Streisand si racconta in un'autobiografia (Fotogramma)

New York, 8 novembre 2023 – In una società dove alle celebrities, per raccontarsi ai propri fan, basta aprire un profilo sui social media, l'unico appeal che rimane alle autobiografie sono i segreti inediti, i flirt mai svelati, i retroscena emozionali ed emozionanti. È così che Barbra Streisand, 81 anni lo scorso 24 aprile, conquista ancora una volta l'attenzione dei fan e di tutti gli amanti dello showbiz: il 7 novembre è uscito, in inglese, il suo memoir, ‘My Name is Barbra’ (Viking). In quasi mille pagine sono stati sviscerati gli oltre 60 anni di ardore creativo, rabbia, cordoglio e successi di una dei pochi artisti che vantano la spilla da "EGOT", coloro cioè che hanno vinto Emmy (5), Grammy (10), Oscar (2) e Tony (1).

Il padre, la voce

Nata nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, cresciuta in mezzo alle ristrettezze economiche in un progetto di edilizia residenziale a Flatbush, Brooklyn, con una borsa dell'acqua calda in braccio al posto di una bambola. Il padre di Barbra, un educatore di origini ebraiche, morto quando lei aveva solo 15 mesi e il fratello appena 9 anni e la madre, poco affettuosa, risposata con un altro uomo mai troppo gentile con la futura superstar. Il suo capitale, una voce irresistibile: a 19 anni, mentre si esibiva al locale Bon Soir a Greenwich Village, la scoperta da parte del manager Marty Ehrlichman, che offrì alla Streisand un contratto con la Columbia Record. Dal primissimo "The Barbra Streisand Album" in poi, i dischi venduti sono stati 250 milioni.  

Streisand on and behind the camera

Non solo musica e musical in carriera. Il debutto al cinema avviene con ‘Funny Girl’ (1968), per il quale vince l'Oscar come Miglior attrice protagonista in condivisione con Katharine Hepburn. Parlando di sé nel memoir, Barbra, che sulla pagina si sente essere ormai una profonda conoscitrice di sé stessa, si scopre particolarmente attenta ai dettagli, attratta dal controllo. È una regista, in fondo, e il suo debutto dietro alla camera da presa, "Yentl" (1983), diventa il primo film della storia a essere diretto, scritto, prodotto e interpretato da una donna. "Per me era la storia universale di chi vuole qualcosa che non può avere. In breve, una storia d'amore con qualche colpo di scena!", scrive Streisand parlando del lungometraggio.  

Carlo III e gli altri uomini

E poi il rapporto con l'altro sesso. Se avesse giocato bene le sue carte, scherza Barbra, sarebbe diventata una principessa e poi, chissà, forse anche regina. A quanto pare re Carlo III, ai tempi del college, aveva un suo poster appeso in camera. "Nel 1994 – si legge nel memoir – feci un tour. La seconda sera che mi esibivo a Londra, si presentò il principe Carlo". Fu l'inizio di una simpatia, di una "straordinaria amicizia" che dura da decenni. Nel libro, dunque, la carriera è solo una parte del discorso. Pur se inizialmente riluttante, Streisand passa in rassegna anche i suoi sinceri, divertiti ed emozionanti rapporti sentimentali, dallo schietto Marlon Brando all'affettuoso Pierre Trudeau, il "bizantino" Jon Peters e il tennista Andre Agassi, 28 anni più giovane.  

Le ombre del mestiere 

In ‘My Name is Barbra’ c'è il bello e il brutto degli uomini, passione e sessismo. Sydney Chaplin, uno dei figli del leggendario Charlie, l'originale Nick Arnstein nella versione Broadway di ‘Funny Girl’, che quando lei non ricambiò il flirt, per ripicca, cominciò a sussurrarle insulti e volgarità mentre era sul palco di fronte al pubblico. Walter Matthau, che la umiliò sul set di ‘Hello, Dolly!’ urlando: “Ho più talento nelle mie scorregge che tu in tutto il tuo corpo”. Frank Pierson, che criticò la versione del 1976 di "A Star is Born", di cui era per altro regista, chiamando la Streisand "una maniaca del controllo". Barbra ha provato su di sé e prima di tante altre l'ingiustizia di genere nel settore dell'intrattenimento. A Hollywood e dintorni "un uomo è forte, una donna è arrivista. Lui è un leader, lei spadroneggia. Se lui recita, produce e dirige è un talento, se lei fa le stesse cose è vanitosa ed egoista".  

"Questo libro sarà la mia eredità"

Barbra Streisand avrebbe voluto pubblicare la sua storia in due volumi, e non un tomo così pesante che "nessuno vuole tenere in mano". Alla fine, ha impiegato 10 anni a scrivere 970 pagine, senza contare un primo capitolo scarabocchiato a mano negli Anni 90 poi perduto. Ha fatto di tutto, visto di tutto, vissuto di tutto. Nel profondo, rimane una donna che non ha mai potuto conoscere il padre – di cui conserva ancora la copia del libro per bambini ‘Tales fot Shakespeare’ ("Magari lo aveva acquistato per leggerlo a me") – che si dispiace quando deve dire addio ai suoi cani e che alla fine dei conti cerca solo di divertirsi. “Voglio salire sulla macchina di mio marito (l'attore James Brolin) e andare a fare una passeggiata, magari con i bambini, da qualche parte vicino a casa nostra... Non mi sono divertita molto in vita mia, a dire il vero, e voglio farlo".

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