Giovedì 25 Aprile 2024

"Anglicismi e schwa? Sono più ricchi i dialetti"

Il nuovo presidente della Crusca Paolo D’Achille, primo romano a Firenze: "Teniamo al passo coi tempi il nostro italiano così prestigioso"

"Anglicismi e schwa? Sono più ricchi i  dialetti"

"Anglicismi e schwa? Sono più ricchi i dialetti"

di Barbara Berti

"Tenere al passo con i tempi una lingua così prestigiosa come l’italiano". È questo l’obiettivo di Paolo D’Achille, classe 1955, romano, successore di Claudio Marazzini come nuovo presidente dell’Accademia della Crusca. Accademico ordinario dal settembre 2013, vicepresidente dal giugno 2022, dal 2015 responsabile del servizio di consulenza linguistica dell’Accademia e direttore del periodico La Crusca per voi, D’Achille è storico della lingua italiana, professore ordinario di Linguistica italiana all’Università Roma Tre.

È il primo presidente romano a ricoprire questo ruolo di vertice della secolare istituzione fiorentina…

"Non sono poi così lontane Roma e Firenze, linguisticamente parlando. Riconosco il primato fiorentino ma alcune parole romane hanno superato quelle fiorentine. È il caso di bruschetta che è più utilizzata di fettunta, così come pupazzo rispetto a fantoccio".

Ultimamente i dialetti stanno tornano in auge, anche grazie alla tv. Pensiamo al napoletano di Mare fuori ora parlato dai giovanissimi in tutta Italia: come vede questo fenomeno?

"I dialetti sono vitali e la loro riscoperta non porta a un impoverimento della lingua nazionale".

E l’inglese è una minaccia?

"Se ci sono parole italiane perché usare gli anglicismi? Secondo me le parole inglesi, soprattutto nei discorsi pubblici, sarebbero da evitare o comunque limitare. Il problema è che non solo le prendiamo in prestito ma anche le inventiamo. Green pass è un’invenzione tutta italiana, così come ticket sanitario".

I neologismi arricchiscono o no la lingua italiana?

"Bisogna distinguere le parole ben formate da quelle mal formate. In questo caso mi riferisco, per esempio, a neologismi sintattici che possono causare ambiguità. Va bene introdurre nuove parole e rinnovare la lingua ma bisogna anche insegnare alle nuove generazioni parole dell’italiano tradizionale. Per esempio l’aggettivo mesto, inteso come triste, non è più utilizzato. Gerla, ovvero la cesta di legno, è un’altra parola che i giovani non conoscono".

Dai social arrivano x al posto di “per“, k al posto del “ch“: che ne pensa?

"Mi limiterei a usarli per i messaggini tra amici. Ma non penso che sia sinonimo di scarsa conoscenza dell’italiano".

Sull’uso di asterischi e schwa quale è il suo pensiero?

"L’asterisco magari per comunicazioni informali in gruppi ristretti, la schwa nemmeno in quel caso. Non capisco il bisogno di utilizzare segni grafici che non hanno una corrispondenza nel parlato – e che possono creare difficoltà di lettura a chi ha problemi, per esempio la dislessia – quando lo strumento migliore per rappresentare tutti i generi e gli orientamenti continua a essere il maschile plurale non marcato. Poi c’è sempre la possibilità di ricorrere a pronomi diversi da luilei, recuperando il neutro o altre forme generiche".

Le questioni di genere non vanno d’accordo con l’italiano?

"È senz’altro giusto, e anzi lodevole, quando parliamo o scriviamo, prestare attenzione alle scelte linguistiche relative al genere, evitando ogni forma di sessismo linguistico. Ma non dobbiamo cercare o pretendere di forzare la lingua – almeno nei suoi usi istituzionali, quelli propri dello standard che si insegna e si apprende a scuola – al servizio di un’ideologia, per quanto buona questa possa apparire".

Quali sono le sfide per la difesa dell’italiano?

"Rafforzare il più possibile l’italiano anche nel parlato, studiandolo per comprenderlo e amarlo. Ma al tempo stesso seguirne l’evoluzione".

E come le porta avanti la Crusca?

"Con nuovi progetti di ricerca e nuove iniziative dedicate all’italiano di ieri e di oggi, anche in cooperazione con altri enti e centri di ricerca nazionali e internazionali; rafforzando, in un momento storico certamente non facile, il proprio ruolo di punto di riferimento imprescindibile per quanto attiene alla lingua italiana".

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