Mercoledì 8 Maggio 2024

Intervista allo chef Niko Romito

Rispettare il passato e accogliere le novità

Niko Romito

Niko Romito

Tradizione riletta con fantasia e creatività ma sempre nel solco della “cucina di casa” per mettere in tavola piatti comunque riconoscibili. Non si smentisce, Niko Romito, neppure quando pensa al momento della convivialità familiare per eccellenza, il pranzo di Natale: le sue tre stelle Michelin fresche di riconferma sono il veicolo più adatto per riproporre fedeltà all’identità anche al più esigente dei gourmet.

Natale, le Feste: che ricordi le suscitano? 

“Penso innanzitutto al “Brodo delle feste”: un consommé molto ricco con brodo di carne di vitello, polpettine di carne, crespelle tagliate a losanghe, cubetti di pane croccante e sedano. Le “crespelle ‘mbosse” (bagnate nel brodo) sono un piatto della cucina teramana e per estensione anche abruzzese, si mangiano nel pranzo di Natale o nella cena di Capodanno”.

Quali piatti ricorda delle sue Feste da bambino?

“Mio nonno e mio padre adoravano il capitone alla brace o al sugo, ma piaceva solo a loro, a me e alle mie sorelle no: quando li portavano a casa ancora vivi, aprivamo la busta e le facevamo scappare per tutta la cucina! Un altro piatto tipico erano le lenticchie con castagne e poi i ravioli semi-dolci con ricotta, zucchero e uvetta conditi con sugo al pomodoro. Come dolce le scrippelle fritte tradizionali abruzzesi”.

E quali preferisce proporre ai suoi ospiti?

“Da noi non c’è un menù specifico, si viene per i piatti che abbiamo in carta. Cerchiamo di “leggere” la tradizione ispirandoci a materie prime e ingredienti che decliniamo a modo nostro: la pasta ripiena, gli estratti e i brodi che io amo particolarmente (ovviamente, l’”Assoluto di cipolle, parmigiano e zafferano”), o i legumi. 

E in famiglia?

“Alla vigilia di Natale ci riuniamo a casa di mia madre con le mie sorelle, le loro famiglie e mia nipote, e ognuno di noi prepara qualcosa. Non mancano mai le polpette di baccalà, il polpo con le patate e l’insalata russa di mia sorella Sabrina”.  

Che cosa salvare delle tradizioni?

“Le tradizioni vanno salvate tutte, sono la nostra memoria e la nostra crescita. Per parlare di contemporaneità bisogna prima di tutto conoscere a fondo la genesi. La cucina italiana parte dalla tradizione domestica che varia anche da comune a comune, nasce nelle case e la mia cucina rispetta la tradizione ma accoglie anche elementi di novità. Credo in un modello che fa crescere la trattoria, attualizzato con la testa di un cuoco italiano che fa ragionamenti più ampi su piatti identitari, riconoscibili da tutti”.

Che cosa invece mandare in pensione?

“Nulla, non si può mandare in pensione un modello ispirazionale”.

Non sarà un Natale “normale”: come consiglia di viverlo? 

“Forse non sarà “normale” nella logistica ma credo che sarà molto speciale nello spirito, perché il profondo senso di questa festa è la famiglia, l’unione, gli affetti che in questo periodo storico si dimostrano i valori veri della vita. Direi a ogni famiglia di ricordare i piatti preferiti di ognuno, magari con qualche variazione golosa. Il pranzo o la cena di Natale li vedo come un tributo alla storia della famiglia”.

 Lei su che cosa punterà? 

“Il Reale quest’anno festeggia i suoi 20 anni e il menu 20REALE20 INVERNO è un viaggio a ritroso nei piatti che hanno raccontato i nostri inverni, i nostri Natali e la storia mia, di Cristiana e del ristorante. Punterò su questo, sulla condivisione della nostra esperienza di gioia e serenità con i nostri ospiti”.

Capodanno ancora peggio: come viverlo a tavola?

“L’unico menù speciale che realizziamo al Reale è per la sera di Capodanno: i clienti desiderano vivere un’esperienza di festa e di celebrazione e per questo inseriamo ogni anno piatti completamente nuovi”.