"Dovete essere irreprensibili e modesti". Alle 8 di mattina, davanti ai 39 fra ministri e sottosegretari che facevano colazione con croissants e café-crème a Matignon, il nuovo capo del governo francese Michel Barnier ha vestito i panni del professore. Proibito mostrarsi arroganti o saccenti, ha ammonito. Agire prima di comunicare. Ascoltare gli altri prima di parlare. Insomma, fare il contrario di quel ha sempre fatto Emmanuel Macron…
Terminata la colazione, e dopo i riti d’obbligo per i passaggi delle consegne, i neoministri di questo governo "repubblicano, progressista ed europeo", come lo ha definito Barnier, si sono trasferiti all’Eliseo per la prima riunione di lavoro presieduta da Macron. "Sarò al vostro fianco per aiutarvi", ha esordito il presidente. Sotto la cupola vetrata del Jardin d’hiver dell’Eliseo, che una volta era una serra e custodiva piante rarissime, le 20 donne e i 19 uomini che compongono il nuovo governo hanno preso appunti in silenzio. Tutti provengono dalle fila del centro e della destra, con la sola eccezione di Didier Migaud, ex esponente del partito socialista nominato ministro della Giustizia. L’età media è 51,9 anni. Il più giovane è il ministro dell’Economia e finanze Antoine Armand (33 anni), il più vecchio è lo stesso Barnier (73 anni), seguito a ruota da Migaud (72 anni). A differenza dal passato, pochissimi escono dall’Ena, l’alta scuola delle élites burocratiche; nella maggior parte dei casi hanno frequentato scuole di commercio. Altra differenza, sono pochissimi i parigini: vengono quasi tutti dalla provincia. L’ufficio studi della Camera si è dato la briga di fare una ricerca a questo riguardo: la distanza media fra la capitale e il luogo di nascita degli attuali ministri è di 210 chilometri, mentre quella del governo precedente era di soli 5 chilometri.
Venerdì prossimo Barnier riunirà i sindacati per discutere i temi del discorso di politica generale che pronuncerà il primo di ottobre. Il ministro degli Interni Bruno Retailleau, vero falco del governo, ha preannunciato una linea durissima per "ristabilire l’ordine", combattere l’immigrazione e proteggere le forze di polizia. Ultra gauche ed ultra droite sono in agguato, pronti ad abbattere la scure della censura. Più Mélenchon che Marine Le Pen, in realtà: la leader del Rassemblement National non ha interesse a far cadere il governo mettendosi sullo stesso piano della France Insoumise: "Sentiremo le proposte in materia d’immigrazione, sicurezza, potere d’acquisto, poi decideremo". Marine non ha fretta, sa che i numeri sono dalla sua parte: il suo partito, Rassemblement National, ha 126 deputati mentre Ensemble (macroniani) ne ha 96, la France Insoumise 72, i socialisti 66, i Républicains (cui appartiene Barnier) 47 e gli ecologisti 38.