Mosca, 20 marzo 2024 – Il presidente Putin si gode la vittoria, o almeno quella presunta, alle elezioni di domenica scorsa, rimuove il capo della Marina e pensa al futuro. Sul risultato plebiscitario, l’87,3% con il 73,3% di affluenza continuano a piovere accuse da tutte le parti. Il quotidiano Novaya Gazeta, che ha traslocato all’estero, afferma che la metà dei voti sono falsi. Se poi si contano i voti di scambio, le coercizioni e i seggi dove l’esercito è entrato nelle cabine elettorali allora il consenso attorno al presidente scende a meno del 40%.
Ovviamente, di questo in Russia nessuno sospetta nulla. In compenso, dall’estero la pressione si fa sentire e anche se non può infastidire il presidente, di certo è una presenza che si va consolidando. A tirare le fila è Yulia Navalnaya, vedova del dissidente nemico numero uno di Putin, morto lo scorso 16 febbraio in una colonia penale oltre il circolo polare artico, ufficialmente di cause naturali, ufficiosamente a causa di una reclusione disumana e forse anche di avvelenamento.
"Putin non è il nostro presidente – ha esordito Navalnaya in un video pubblicato sul suo profilo Instagram –. Non dobbiamo rinunciare al lavoro fatto fino a questo momento, anzi, bisogna fare scorta di pazienza e andare avanti". La donna, che, come tutta la dirigenza del movimento di Alexei Navalny, è scappata all’estero, si è poi rivolta ai russi che vivono ancora nel Paese: "Non arrendetevi – ha detto –. La Russia sarà libera". Due giorni fa, la donna ha fatto oltre sei ore di coda davanti all’ambasciata di Berlino, dichiarando, all’uscita di aver scritto "Navalny" sulla scheda.
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Anche sul voto all’estero i conti non tornano. Secondo le cifre ufficiali, il consenso a Putin oltre i confini nazionali si aggirerebbe intorno al 60%, invece secondo il progetto Vote Abroad arriverebbe a malapena al 20. Di sicuro, si falsifica tutto quello che è falsificabile. Ne sa qualcosa l’emittente Rossjia 24, che domenica sera spacciava le file davanti alle ambasciate per simpatizzanti del presidente, mentre stavano partecipando alla manifestazione "Mezzogiorno contro Putin", lanciata da Navalny prima di morire.
Al Cremlino, intanto, tira aria di rimpasto. Putin sembra determinato a dar un bel colpo di spugna al suo governo, tagliando fuori chi lo ha deluso, chi non approva l’operazione militare speciale in Ucraina (ossia la guerra) e chi spera che sia finalmente arrivato il suo momento. Partendo da questi ultimi, quella generazione di mezza età che nei corridoi del potere ha sperato per anni che la vecchia guerra, ossia il presidente e il suo cerchio magico, si levassero di torno. Rischiano anche il primo ministro, Mikhail Mishustin, il ministro degli Esteri, Sergeij Lavrov e il ministro della Difesa, Sergeij Shoigu. Va detto che, in qualche caso, tipo quello del capo della diplomazia, una sostituzione verrebbe presa come un dono. Da tempo Lavrov aveva manifestato la volontà di andare in pensione e, al di là delle dichiarazioni ufficiali, avrebbe fatto volentieri a meno sia della guerra in Ucraina sia del presenzialismo della sua portavoce, Maria Zacharova.
Ma chi entrerà al loro posto? Giovani, fedelissimi e senza scrupoli come il loro presidente. Due sono i nominativi che girano in queste ore. Il primo è un ‘figlio d’arte’, ossia Dmitrij Patrushev, 46 anni e primogenito di Nikolaij, braccio destro di Putin. Al momento ricopre la carica di ministro dell’Agricoltura. C’è poi il 29enne, Mintimer Mingazov, a cui stanno per essere ceduti gli asset congelati di Danone e che sarebbe il vero pupillo di Vladimir Putin.