Giovedì 25 Aprile 2024

Gelo Usa-Israele. "Lo sgambetto americano è stato un avvertimento. Biden pensa alle elezioni"

Alcaro (Istituto affari internazionali) sull’astensione degli Usa alle Nazioni Unite: "Il premier israeliano spera che a novembre cambi l’inquilino della Casa Bianca"

Roma, 27 marzo 2024 – Riccardo Alcaro, coordinatore delle ricerche dell’Istituto affari internazionali (Iai), perché l’America ha fatto lo storico gesto di non porre il veto su una risoluzione sgradita ad Israele?

"Per due motivi. Il primo è che c’è un genuino senso di frustrazione nell’amministrazione Biden nei confronti del governo Netanyahu, con il quale Biden aveva già pessimi rapporti prima di questa crisi. Biden ha supportato pienamente Israele dopo il 7 ottobre, ha fornito aiuti militari, l’ha supportata in Consiglio di sicurezza e si attendeva che il governo di Israele ascoltasse le richieste americane. Ma Netanyahu non solo non ha mai risposto positivamente, ma è anche entrato nella politica americana parlando ai parlamentari repubblicani e rifiutandosi di farlo con i democratici".

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E la seconda motivazione?

"Che la politica di supporto ad Israele è diventata per Biden un problema politico interno perché c’è una quota dell’elettorato democratico che è molto contraria al supporto incondizionato a Israele e minaccia un boicottaggio del voto di novembre, il che in alcun Stati rischia di mettere a rischio la vittoria di Biden. E così, la Casa Bianca ha deciso di dare un segnale".

Fino a che punto si spingeranno gli americani al Consiglio di Sicurezza?

"A mio avviso oggi non c’è nessuna chance che ci sia una astensione o peggio un voto favorevole americano all’adozione di sanzioni contro Israele. Quello che abbiamo visto era un avvertimento, non oltre".

Il governo israeliano ha già risposto picche, il ministro degli Esteri ha detto che Hamas è stato incoraggiato dal voto Onu a respingere il cessate il fuoco.

"Dal governo israeliano sono venute dichiarazioni senza precedenti, e non c’è nessuna intenzione di cambiare linea, ma la reazione dell’amministrazione americana è stata riflessiva. E questo rivela quanto perdurante e pervasiva sia l’influenza pro israeliana nella politica americana".

Perché Israele tira così tanto la corda? Perché ritiene di non avere più così bisogno dell’America?

"Perché il governo Netanyahu è convinto che la Casa Bianca alla fine non farà nulla di incisivo per bloccare Israele a Gaza e che alla fine, come è sempre riuscito a fare anche con tutti i presidenti democratici che si sono opporti alle sue politiche, ovvero Clinton, Obama e Biden, porterà l’America a sostenere più o meno esplicitamente la sua linea. Con in più il retropensiero che magari a novembre Biden non sarà più presidente. Questo è il calcolo di Netanyahu, ed è un po’ azzardato, perché la politica interna americana è cambiata e le policy americane su Israele non sono più quelle degli anni di Clinton o di Obama. Il pubblico amricano resta a maggioranza pro Israele ma questa maggioranza si accumula nelle fasce di popolazione meno giovani. Ancora non sono cambiate le politiche ma è cambiato il dibattito su come sostenere Israele: non è poco".

Israele arriverà al punto di fare l’attacco di terra a Rafah?

"Ad oggi, direi di si, l’intenzione di Netanyahu non è cambiata. Ma se accadesse a dispetto del no americano non si può escludere a priori che l’amministrazione Biden possa valutare qualche seppur minima opzione punitiva".

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