Martedì 16 Aprile 2024

Israele sotto attacco: da trincea della democrazia a Paese lacerato e fragile

Violenze nella moschea di Gerusalemme, razzi da Gaza e Libano, escalation di attentati. Da Hamas all’Iran, i nemici colpiscono una società spaccata dalla riforma della Giustizia

Attentato a Tel Aviv

Attentato a Tel Aviv

"Israele è adesso esposto ad una offensiva del terrorismo": lo ha affermato venerdì il ministro della Difesa, Yoav Gallant, parlando a Hamra (Valle del Giordano) dove poco prima due sorelle ebree e la madre erano state crivellate di colpi all’interno della loro automobile da un terrorista palestinese armato di Kalashnikov (morte le sorelle, ferita in modo molto grave la madre). Si riferiva anche ai nutriti lanci di razzi giunti in precedenza dal Libano e da Gaza. Ma mentre le sue parole venivano rilanciate dai telegiornali della sera – in cui la ricorrenza della Pasqua ebraica era stata menzionata solo di passaggio – da Tel Aviv giungevano le prime informazioni su un nuovo attentato. Si parlava di un’auto direttasi a gran velocità contro la folla che nel venerdì sera passeggiava nel lungomare di Tel Aviv, delle vittime fra i turisti e della uccisione sul posto del presunto attentatore: un arabo israeliano, Yusef Abu Jaber, 45 anni.

Attentato a Tel Aviv
Attentato a Tel Aviv

I responsabili israeliani si chiedono se ci sia un filo conduttore, e forse anche una regia, fra le esplosioni di violenza avvenute alla moschea al-Aqsa di Gerusalemme, al moltiplicarsi di attentati armati in Cisgiordania ed anche in Israele, ai lanci di razzi da Libano e Gaza, e alla infiltrazione di un drone in Galilea, alcuni giorni fa. Israele si chiede inoltre in quale misura la forte polarizzazione interna – innescata da una controversa riforma giudiziaria intrapresa a gennaio dal governo Netanyahu – possa aver eroso il proprio deterrente militare di fronte agli occhi dei suoi nemici palestinesi, libanesi ed iraniani. "Che nessuno si sbagli: – ha avvertito Netanyahu – di fronte agli attentati restiamo uniti, compatti. Ed uniti vinceremo il terrorismo"’.

A Gaza le notizie dell’attentato di Tel Aviv – in cui è stato ucciso l’avvocato Alessandro Parini – sono state accolte con espressioni di giubilo dai minareti delle moschee. "Una operazione di qualità" ha affermato Hamas, senza assumersi la responsabilità . "Un atto eroico", ha concordato la Jihad islamica. Ci sono luoghi di Tel Aviv che agli occhi dei palestinesi simboleggiano il desiderio di normalità degli israeliani: la centrale via Dizengoff, ed appunto il lungomare. Chi li colpisce intende dire al nemico che mai potrà beneficiare di serenità finché "opprime il popolo palestinese".

Ma la biografia dell’attentatore non lascia pensare ad un combattente: ex gestore di un negozio di giocattoli, padre di sei figlie, addetto alle pulizie in un liceo. Secondo i familiari non voleva immolarsi: preferiscono pensare che abbia avuto un colpo di sonno al volante. Di sicuro non nutriva astio per i turisti stranieri. "Mandiamo condoglianze ai familiari della vittima", hanno detto.

Eppure Israele ritiene che anche in episodi del genere ci siano le impronte digitali di Hamas che insiste ossessivamente sulla necessità di difendere la moschea al-Aqsa dalle mire attribuite ad estremisti ebrei: tanto più nel Ramadan, e tanto più con l’inizio della Pasqua ebraica. Le immagini del recente intervento della polizia fra i fedeli barricatisi nella Moschea al-Aqsa sono state diffuse a tappeto nelle reti sociali palestinesi. Gli animi sono esasperati. In Cisgiordania si hanno anche due-tre attacchi armati al giorno. Anche Yusef Abu Jaber potrebbe essere stato influenzato.

I leader politici di Hamas – Ismail Haniyeh e Sallah el-Aruri – sono in questi giorni a Beirut, dove hanno incontrato il leader della Jihad islamica Ziad Nahale e dove forse hanno avuto contatti discreti con gli Hezbollah. Da tempo teorizzano la ‘Coesione dei fronti’: ossia una mobilitazione costante attorno alla moschea al-Aqsa di Gerusalemme per rafforzare la volontà di lotta in Cisgiordania e nelle città arabe di Israele, mentre da Gaza le milizie si tengono pronte a sfoderare la ‘’spada di Gerusalemme’’: ossia a lanciare bordate di missili verso Israele. In questo contesto Hamas ha lanciato dal Libano decine di razzi verso la Galilea, obbligando Israele ad una reazione molto contenuta ("Hanno colpito solo piantagioni di banane") per evitare una estensione del conflitto anche agli Hezbollah. Secondo analisti israeliani è probabile che Hezbollah ed Iran abbiano partecipato ad alimentare le ultime violenze. In particolare è segnalato il lancio di un drone iraniano dalla Siria, intercettato a nord del lago di Tiberiade.

Tutto questo sarebbe ancora routine per Israele se non ci fosse stata la graduale lacerazione della società in mesi di proteste di massa contro il governo che hanno coinvolto anche riservisti di unità di elite, fra cui piloti dell’aviazione ed esperti dell’intelligence. In un momento di nervosismo Netanyahu ha aggravato la situazione licenziando in tronco il ministro della difesa, Gallant, per poi lasciarlo in carica "fino a nuovo ordine". In uno sviluppo ancora più grave, di impatto strategico, Netanyahu ha ignorato gli avvertimenti degli Stati Uniti, secondo cui la sua riforma giudiziaria minaccia il carattere democratico di Israele e ha provocato un gelo totale nei suoi confronti alla Casa Bianca. La rigidità degli Usa, unita ai fermenti nell’esercito, coincisi poi col Ramadan, possono aver indotto Hamas ad accelerare i tempi verso la ‘Unione dei fronti’ attorno ad Israele. Netanyahu ha avvertito che si tratterebbe di un grave errore di calcolo e che i nemici di Israele rischiano di pagare un caro prezzo.