Lunedì 29 Aprile 2024

Campagna elettorale, chi è il più social tra i leader?

Tre esperti del settore danno i voti. E il risultato regala più di una sorpresa

Campagna elettorale a suon di social

Campagna elettorale a suon di social

ROMA - Come è stata la campagna elettorale sui social? Ne parlano tre esperti, volti noti e molto attivi. Gian Piero Travini (“Piave Digital agency”). Francesco Nicodemo, che ha lavorato con Renzi. E Franz Russo: blogger, digital e social media.

La versione di Travini: voti e pagelle ai leader

“La Meloni è pronta per governare. Online punta su un doppio binario: sorriso rassicurante, toni pacati e concilianti, voglia di dialogo, temi ‘di sinistra’ diversi dagli alleati, profilo atlantista, forte identità sociale, richiamo alle radici e alle tradizioni”. “Enrico Letta ha scelto lei come avversaria. La grande scommessa era che il Pd fosse il primo partito e lui un “front runner”, polarizzando. Noi o loro. La strategia ha funzionato solo in parte: l’engagement di Letta (il tasso di coinvolgimento online) è il 9%, il migliore tra tutti i leader, ma senza risultati reali immediati. La polarizzazione fa perdere di vista il valore del contenuto e, per un elettore di centrosinistra, è un problema”.

“Salvini ha tenuto, paradossalmente, toni molto pacati. Nel 2019 la retorica del “Capitano” è finita sul fondo di un mojito al Papeete e, oggi, può solo contenere il crollo della Lega. Il claim ‘Credo’ è un appello alla base per evitare ulteriori fughe verso FdI, ma ormai è un canto del cigno”. “La campagna del M5S si spiega semplicemente con il testo del "santino" elettorale: Conte e M5s. Conte è la garanzia del reddito di cittadinanza e la ragione per cui il M5S al Sud può superare il Pd”. “Calenda sa che più del 78% del suo elettorato arriva dal centrosinistra. Ha drenato i voti dei liberaldemocratici con una campagna tutta contro Letta e punta a erodere qualcosa a Forza Italia”.

La versione di Russo: i like mica sono voti…

 “C’è stato un uso massiccio dei social media, come mai prima, ma non ne ha giovato la qualità dei contenuti, anzi. L’uso è stato scomposto: "strumenti" nati per creare conversazioni dirette tra gli utenti sono stati utilizzati come alternativa ai manifesti...

La campagna elettorale sui Social si è giocata a suon di slogan (“Pronti”, “Scegli”, “Credo”), forme verbali trasformate in hashtag che hanno accentuato le divisioni tra gli utenti e hanno solo rivelato una pochezza dei contenuti condivisi, fino alla derisione. Dietro l’angolo c’è sempre la possibilità di un passo falso che diventa un boomerang. I like non corrispondono ai voti e i Social Media sono stati usati non per allargare la platea dei votanti ma per fidelizzare gli utenti. Secondo i dati di Arcadia, come engagement (coinvolgimento), c’è una netta polarizzazione tra Meloni e Letta, con la presidente di FdI più forte su Instagram e Facebook e il segretario del Pd che si è difeso su Instagram e su Twitter, che però è appannaggio di Calenda, terzo per engagement. Nel sentiment, i social hanno premiato Paragone e Calenda, ma la sfida Meloni-Letta l’ha vinta lei. Su TikTok ha primeggiato Berlusconi nei follower, ma Di Maio per interazioni generate”.

La versione di Nicodemo: campagna "cringe"...

“E’ stata la campagna elettorale più brutta della storia repubblicana improvvisa, breve e inedita (colonna sonora “Odio l’estate” di Bruno Martino…). Contro la distrazione generale e l’alta astensione, leader e partiti avrebbero dovuto impegnarsi di più. Invece, dall’inizio, si è sentita una stanchezza di fondo: di certo, nessuno davvero era pronto. Come slogan hanno prevalso quelli bisillabici: pronti, scegli, credo. Immediati, ma letti tutti insieme sembrano una canzone trap. Molto bella l’idea di “Credo” della Lega (i dem Usa usavano “I believe”), ma la crisi di leadership di Salvini e la saturazione dei messaggi l’hanno azzoppato. La corsa alla presenza su Tiktok sembra dettata più all’improvvisazione che alla strategia. La parola cringe (“imbarazzante”) è diventata di uso comune, e non solo tra le giovani generazioni. C’è stato un paternalismo spiccio, del tipo "cari giovani, ora vi spieghiamo il mondo", e i leader, a loro insaputa, sono diventati dei "meme" viventi. L’effetto di Tiktok lo scopriremo solo vivendo. I temi politici più performanti restano lotta alla crisi climatica, ambiente e difesa dei diritti civili. Interessante sarà vedere, poi, se l’impegno di creator e influencer, famosi e non, genereranno una mobilitazione importante, tra gli under30”.