Mercoledì 24 Aprile 2024

Elezioni Usa 2016, quali sono gli Stati in bilico

Occhi puntati su Florida, Pennsylvania, Virginia e Carolina del Nord. Il piccolo New Hampshire, con soli 4 voti elettorali, potrebbe diventare l'ago della bilancia

Supporter di Donald Trump (Lapresse)

Supporter di Donald Trump (Lapresse)

dall'inviato GIAMPAOLO PIOLI

New York, 7 novembre 2016 - Domani notte gli occhi dell’America, esattamente 16 anni dopo la sorpresa di George Bush che sbaragliò i sondaggi, torneranno sulla Florida. È il primo e ultimo fronte di Donald Trump. Se Hillary (che ieri aveva solo un impercettibile margine dell’1%) riuscirà ad aggiudicarsi «lo stato del sole», anche i repubblicani ammettono che sarà lei a entrare alla Casa Bianca. Ma se la Florida andasse a Trump, com’è altrettanto probabile, la battaglia per conquistare i 270 voti elettorali necessari per la vittoria si prolungherebbe nella notte spostandosi a nord della Costa Atlantica, in Pennsylvania, Virginia, nella Carolina del Nord; e ancora più a Nord, in Michigan considerato fino a pochi giorni fa solidamente democratico. Senza dimenticare che Ohio e Iowa, vinti da Obama nel 2008 e nel 2012, vedono adesso Trump condurre nei sondaggi con un buon margine. Per raggiungere il traguardo, Hillary ha un unico imperativo: impedire che si aprano delle crepe nel cosiddetto «muro blu» democratico, che include gli Stati del nord. Si batterà fino alla fine perché la Pennsylvania rimanga con l’asinello e non si sposti verso l’elefante trumpiano.

Ecco perché in queste ore, un piccolo Stato molto significativo nelle primarie, come il New Hampshire, ma con soli 4 voti elettorali, si è improvvisamente trasformato in un feroce terreno di battaglia perché quei 4 voti se i due candidati rimanessero appaiati anche domani notte, potrebbero dare all’uno o all’altro le chiavi della vittoria. Nell’ipotesi, considerata altamente improbabile, ma non impossibile, che sia la Clinton che Trump arrivassero entrambi intorno ai 268 voti elettorali, contraddicendo ogni pronostico, ecco allora che in questa corsa senza precedenti, altri due Stati come il Maine e il Nebraska che dispongono rispettivamente di 4 e 5 voti elettorali (tenuti ad assegnarli non solo al vincitore del voto popolare dello Stato, ma anche al vincitore del voto del Collegio Congressuale, se fosse diverso) potrebbero risultare gli inaspettati aghi della bilancia.

C’è un precedente nel 2008, quando McCain vinse in Nebraska, ma ottenne solo 4 dei cinque voti elettorali perché 1 andò a Obama che prevalse nel secondo Distretto Congressuale. Domani sera nel piatto degli scrutatori e degli analisti però, occuperà uno spazio speciale il voto anticipato, che insieme a quello dei militari ha già visto esprimersi quasi 40 milioni di americani. In Florida e North Carolina se da un lato il voto di colore per Hillary è sembrato in calo dell’8% rispetto a Obama nel 2012, quello latino e asiatico, compreso il Nevada con Las Vegas ha avuto invece un’impennata del 23% che potrebbe favorire la candidata democratica.   Nemmeno la pioggia e il forte vento di ieri hanno impedito ai candidati di mantenere la loro impressionante tabella di marcia che ha visto Donald Trump tentare di scardinate «il muro blu democratico» con un’incursione anche in Minnesota, considerato fin dall’inizio un sicuro bastione di Hillary. Le strategie stanno diventando completamente asimmetriche. Mentre gli scenari e gli atterraggi dei due aspiranti presidenti fra concerti e atleti cambiano di ora in ora la vera «arma segreta» dei repubblicani e dei democratici rimarrà ancora una volta la loro «macchina territoriale». In decine di Stati non esiste il voto anticipato e tutto dipenderà da quanti andranno alle urne domani.