Mercoledì 24 Aprile 2024

La protesta degli specializzandi farmacisti: “Siamo costretti a pagare per lavorare”

Il rappresentante Beligni: “Dobbiamo continuare a versare le tasse universitarie per 4 anni, anche noi abbiamo diritto a una borsa di studio”

Una ricetta medica

Una ricetta medica

“Il peggiore paradosso è che nei fatti siamo costretti a pagare per lavorare. E dobbiamo farlo addirittura per quattro anni”. La recriminazione è di Andrea Beligni, rappresentante delle attività sindacali di Renasfo, la Rete degli Specializzandi in Farmacia Ospedaliera Italiani, realtà che rappresenta 584 soci, il 73% dei 797 specializzandi del settore attualmente registrati in Italia. Pure loro stanno sostenendo il disegno di legge presentato dal senatore Andrea Crisanti che mira a riconoscere l’elargizione di una borsa di studio anche agli specializzandi in area non medica che a oggi, contrariamente ai colleghi che rientrano nel comparto medico, sono costretti a operare nel sistema sanitario nazionale senza ricevere corrispettivi.

“Il quadro è fortemente penalizzante - analizza Beligni - prima di tutto perché al danno si aggiunge la beffa. Non solo infatti non riceviamo alcuna borsa, ma allo stesso tempo dobbiamo continuare a versare le tasse universitarie, pagare l’iscrizione al nostro ordine e provvedere ai versamenti all’ente previdenziale. E’ importante precisare che il percorso di specializzazione, che si articola su quattro anni, prevede anche lo svolgimento di oltre 6.000 ore di tirocini, appunto non retribuiti”. L’elevato monte orario, rende nei fatti impossibile svolgere anche un lavoro che possa permettere di mantenersi durante la fase finale del percorso formativo. Il tema è dirimente, dal momento che l’intero iter di chi segue questo percorso comprende prima 5 anni di laurea magistrale da conseguire dopo l’esame di maturità, che si concludono con un esame di abilitazione, al quale poi seguono le selezioni nelle varie scuole di specializzazione, i quattro anni di formazione oggetto del contendere e infine una ulteriore prova di valutazione che, se superata, consente finalmente l’accesso ai quadri dirigenziali del sistema sanitario nazionale. Numeri alla mano, si finisce per scollinare i 30 anni senza percepire redditi.

“Le uniche alternative sono i turni notturni nelle farmacie o impieghi simili – riprende Beligni – che sommandosi al resto dei probanti impegni quotidiani rendono la vita dello specializzando davvero difficilissima. Ragion per cui si forma un discrimine naturale tra chi può permettersi di gestire in antonimia la prima posizione finanziaria e chi invece, non potendo farlo, pur con tutte le capacità, il talento e l’abnegazione, è costretto ad arrendersi. Non solo non è giusto, ma riteniamo sia pure incostituzionale. Nel dirlo cito gli articoli 3, 31 e 34. Il nostro ordinamento stabilisce infatti che chi ha i meriti per proseguire gli studi deve poterlo fare a prescindere dalle sue disponibilità economiche”.

L’attività svolta durante le oltre 6.000 ore di formazione è peraltro estremamente rilevante dal momento che prevede, tra le altre cose, che gli specializzandi si occupino dell’appropriatezza prescrittiva dei farmaci, del corretto impiego dei dispositivi medici e della loro gestione logistica sulla base del rapporto costo/efficacia; della vigilanza sui farmaci e sui dispositivi medici; delle analisi farmacoeconomiche e dell’allestimento di terapie oncologiche e nutrizionali enterali e parenterali. Senza dimenticare il ruolo di primo piano giocato durante l’emergenza pandemica.

“A spingerleci verso questa strada ci sono anche i forti valori che riconosciamo nel nostro Servizio Sanitario Nazionale, un sistema al quale senza dubbio dedichiamo anima e corpo negli anni migliori della vita, senza ricevere nessuna gratificazione. E le ragazze soffrono ancora di più la dispartirà perché, contrariamente e quanto accade alle colleghe che operano in area medica, nel caso di gravidanza, non viene riconosciuto loro alcun sostegno e l’unica soluzione da adottare è quella di sospendere il proprio percorso ‘congelandolo’ fino a dopo il parto, dovendo fare i conti nel frattempo col fatto che nessun contributo economico viene riconosciuto”.

Renasfo, che appoggia pienamente il disegno di legge di Crisanti, nei giorni scorsi si era anche recato al Ministero della Salute incontrando il Sottosegretario Marcello Gemmato: “Il tema è ormai noto ed è legato a un contributo economico decisamente di poco conto nel complesso della spesa sanitari anazionale, dal momento che contando tutti i maturandi di area non modica a livello nazionale (compresi i 797 che hanno scelto il settore della farmacia) restiamo ampiamente sotto le 3.000 unità. Dunque un piccolo intervento porterebbe davvero un grande risultato, prima di tutto in termini di equità. Con un’ultima, beffarda, considerazione: a oggi non tutte le borse messe a disposizione degli specializzandi in area medica vengono assegnate, per via della carenza di domanda soprattutto in certi comparti. Dunque il paradosso è che addirittura ci sono soldi disponibili che non vengono utilizzati, né tanto meno vengono dirottati alle nostre categorie”.

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